Risoluzione approvata durante l’assemblea de* delegat* del 14 novembre 2021, Sissach (BL)
Le promesse di ciò che ci avrebbe portato internet erano molto attraenti: informazione, comunicazione globale, accessibilità a tutt*; senza privilegi. Internet ha offerto, e offre ancora, possibilità di maggiore uguaglianza democratica, siccome una volta che le informazioni vengono immesse in rete, possono essere condivise, potenzialmente all’infinito, con relativamente pochi sforzi. È esattamente questa caratteristica del web che sta causando uno sviluppo contrario al fenomeno descritto: il successo dell’internet ne ha causato la commercializzazione. Le speranze originarie hanno dovuto lasciare il posto agli interessi di profitto. Oggi, internet ê dominato sa poche aziende che occupano una posizione molto vicina a quella di monopolio per quanto riguarda il proprio settore. Non si tratta di una coincidenza: per la maggior parte dei servizi digitali, l’effetto network svolge un ruolo enorme. Le società cosiddette FAANG (Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google) cercano inoltre di rafforzare questo effetto network, per esempio limitando intercambiabilità e permeabilità dei propri servizi.
Un chiaro esempio di ciò è il confronto tra i sistemi di posta elettronica e le app più moderne di messaggistica. Per quanto riguarda la posta elettronica, non è importante quale provider si utilizzi per comunicare con altre persone. Su app di messaggistica come WhatsApp, è permesso comunicare solo con altr* utenti di WhatsApp. Ciò non è dovuto a limitazioni tecniche, ma per una questione di profitto. Inoltre, la tendenza fondamentale verso la monopolizzazione e la vendita di beni digitali a cifre alte nonostante siano replicabili digitalmente e senza costo. Ciò conduce a un sistema in cui “the winner takes it all”. I grandi conglomerati tecnologici non hanno paura di utilizzare il proprio potere per assicurarsi una posizione di monopolio: Google ha deliberatamente rallentato pagine web di terze parti tramite la rete di annunci per far apparire la propria tecnologia come migliore.
Grazie alle dimensioni enormi, questi conglomerati hanno un’enorme influenza sulla formazione dell’opinione pubblica. Ciò che non appare su Google è difficile da trovare nel web. Gli argomenti che Facebook ritiene più rilevanti raggiungono più facilmente le masse.
Le recenti fughe di notizie relative a Facebook (Facebook Leaks) hanno mostrato che Facebook promuove attivamente la polarizzazione sociale, la diffusione di fake news e l’hate speech, grazie ai propri algoritmi. Nei paesi del Sud globale, dove Facebook risulta ancora più importante nella diffusione di informazioni, le conseguenze sono ancora più devastanti. Ad esempio, l’ONU ritiene Facebook particolarmente responsabile per quanto riguarda il genocidio del Rohingya.
Il perfido obbiettivo dietro le azioni di Facebook e gli altri conglomerati è semplice: chi usufruisce di questi servizi deve passarci il maggior tempo possibile, per ottenere dati vendibili e ottenere quindi grandi profitti. I conglomerati non si preoccupano realmente delle linee guida sulla privacy. Questo meccanismo funziona al meglio sfruttando odio e indignazione sui social network. Facebook ha anche ammesso apertamente di promuovere la diffusione di notizie false, purché ne riesca a trarre profitto.
Ciò risulta essere un pericolo per le democrazie. I profitti derivati dalle pubblicità sono in grande parte generati dalle azioni delle persone utenti, mentre le aziende forniscono unicamente un’infrastruttura. Sono inoltre i contenuti delle persone utenti a rendere attraenti le piattaforme come Facebook o Instagram. Oltre a questo valore aggiunto, le persone spesso “pagano” l’utilizzo delle piattaforme con i loro dati, il che rende questo fenomeno un circolo vizioso.
La politica e la popolazione diventano progressivamente più coscienti del pericolo, ma la dimensione di alcune di queste aziende mette addirittura in discussione la sovranità degli Stati. Anche le strutture sovranazionali, come ad esempio l’UE, hanno difficoltà a regolare efficacemente i conglomerati tecnologici. Non per mancanza di fattibilità, ma per ragioni politiche: il neoliberismo non permette che minimi interventi statali nel settore privato. Pertanto, si cerano di risolvere i problemi attraverso censure o altre misure assurde invece di limitare gli algoritmi che promuovono le fake-news.
Per un vero cambiamento è necessario porre fine ai monopoli e alla commercializzazione di internet. Internet deve far parte di un servizio pubblico globale ed accessibile a tutt*. Le piattaforme con un certo numero di utenti dovrebbero essere poste sotto il controllo democratico.
Perciò, la GISO Svizzera c hiede:
- Che le vecchie promesse di internet vengano rinnovate: va creato un sistema di servizi decentralizzati.
- La dissoluzione dei conglomerati FAANG.
- La creazione di standard tecnici per i servizi digitali, in modo che possano essere prodotti da diversi fornitori.
- Internet come servizio pubblico globale per tutt*.
A corto termine, chiediamo :
- Tassazione dei conglomerati digitali a livello internazionale.
- Denaro pubblico: codice pubblico: tutti i servizi finanziati con denaro pubblico devono essere accessibili al pubblico.
- Trasparenza nel funzionamento degli algoritmi deli conglomerati digitali.
- Banche dati takedown accessibili al pubblico
- Introduzione di un’autorità che impedisca i monopoli