Risoluzione approvata durante l’ assemblea de* delegat online del 6 giugno 2020
Le pandemie possono verificarsi in qualsiasi momento. Tuttavia, il contesto sociale determina la gravità della crisi sanitaria, e se questa possa diventare una crisi sociale. Ciò è quello che sta accadendo ora sotto i nostri occhi durante la pandemia di Coronavirus. È importante ricordarsi che il virus non ha colpito accidentalmente un punto debole della nostra società, ma si è limitato ad evidenziare la generale suscettibilità del capitalismo di fonte alle crisi.
Il sistema economico capitalista indirizza le risorse, il denaro e il lavoro verso i settori economici dove i profitti sono maggiori. Ogni crisi economica viene aggravata da questa logica di profitto. Così le regole del capitalismo ci spingono nella direzione opposta rispetto alle esigenze della popolazione. Se l'economia fosse realmente orientata ai bisogni, sarebbe chiaro che le risorse dovrebbero affluire nei settori più toccati dalla crisi. Ciò significa che il denaro dovrebbe essere indirizzato nello stato sociale e verso le persone più povere.
Ma sotto capitalismo, anche in momenti di crisi, il capitale rimane al servizio della logica di profitto. Per evitare un crollo sociale ed economico, lo Stato si indebita con i proprietari, e il 99% viene responsabilizzato ingiustamente e spinto a sostenere i settori in difficoltà, ad esempio con richieste di sostegno all'economia locale. La maggior parte del denaro rimane comunque nelle mani della percentuale di popolazione più ricca.
Uscire dalla crisi tramite l a redistribuzione
È probabile che nei prossimi mesi la pandemia si trasformi in una crisi economica enorme. La disoccupazione di massa, l'ulteriore perdita di reddito per il 99% e il fallimento di numerose piccole imprese rappresentano problematiche serie. Per la GISO almeno una cosa è chiara: i costi di questa crisi non dovranno essere trasferiti sul 99%, ma dovranno essere finanziati dalle persone più ricche, che hanno beneficiato massicciamente del sistema socioeconomico degli ultimi decenni.
Per evitare che il 99% paghi il conto, è necessaria una compensazione dei consumi attraverso una distribuzione più equa del denaro e degli investimenti statali. Senza queste misure, la crisi peggiorerà e ne faranno le spese le piccole imprese e coloro che hanno uno scarso potere d'acquisto.
La soluzione più importante è una ridistribuzione della ricchezza dall'1% al 99%. Da un lato perché le persone potranno così coprire direttamente i loro bisogno materiali, e dall'altro perché l'aumento delle diseguaglianze sociali porterà il capitalismo a sbriciolarsi. Se il 99% avrà sempre meno soldi per vivere, nessun* potrà più acquistare beni da chi li produce. La percentuale più ricca dovrà finanziare questa crisi e la necessaria ristrutturazione del sistema economico. I mezzi per raggiungere questo obbiettivo sono un prelievo una tantum del 20% sui beni oltre i 10 milioni, un'imposta di successione del 100% e l'applicazione dell'iniziativa 99%.
Oltre alla redistribuzione diretta, è necessario un pacchetto di rilancio economico per evitare il peggioramento della crisi. Tuttavia, lo stimolo dei consumi da parte dello Stato non deve essere fine a sé stesso, ma dovrà accompagnare la revisione economica strutturale. In particolare, un pacchetto del genere dovrà comprendere investimenti nel settore ecologico, in quello sanitario statale e non dovrà servire semplicemente a garantire i profitti dei più ricchi.
Il futuro dopo la crisi: codeterminazione e lavoro di qualità per tutt*
Non vogliamo che dopo questa crisi si torni allo status quo, chiediamo invece cambiamenti radicali e a lungo termini, a partire da ora. Per prevenire ulteriori crisi, abbiamo bisogno non solo di una redistribuzione del denaro, ma anche di una ridistribuzione del potere.
Per svolgere ciò, è necessario democratizzare l'economia, siccome è l'unico modo per garantire che le risorse sociali siano comunque distribuite secondo le esigenze del 99%. In un'economia democratica, i settori rilevanti per l'esistenza, come la sanità e l'assistenza all'infanzia, devono essere pubblico. Inoltre, in un'economia democratica, chi lavora deve avere il diritto di codecisione all'interno delle aziende. Solo così si potranno garantire che i bisogni della classe lavoratrice abbiano la precedenza rispetto agli interessi del capitale.
Per evitare che le persone siano sotto pressione in caso di una nuova crisi economica, è necessari anche una garanzia di lavoro statale. Con ciò priveremmo i capitalisti del loro strumento più prezioso: la minaccia della disoccupazione, Il mantenimento dei posti non dovrà essere fine a sé stesso, ma, come società, dobbiamo decidere insieme quali lavori saranno necessari e come dividerli equamente tra la popolazione.
Vogliamo lavori significativi e di qualità per tutt*. Soprattutto durante le crisi è fondamentale proteggere sia il reddito che la possibilità per le persone di contribuire e plasmare la società attraverso il proprio lavoro. Una garanzia di lavoro consentirebbe a tute le persone di essere impiegate nel settore pubblico, e con un salario minimo.
Affinché il lavoro socialmente utile e significativo divenga una realtà per tutt*, ci dovranno essere varie possibilità di formazione continua, accessibile a tutt* gratuitamente. La sicurezza finanziaria durante la formazione dovrà essere garantita. Tutte le persone dovrebbero avere la possibilità di smettere di lavorare per due anni e ricevere un compenso salariale statale. Questo periodo sabbatico dovrebbe essere disponibile anche per lavorare a tempo parziale e più a lungo.
Dobbiamo superare questa crisi in una direzione favorevole al 99%, e lottare affinché il capitalismo sia finalmente sostituito da un sistema economico che anteponga le esigenze del 99% a quella dei più ricchi. Le nostre rivendicazioni principali per un reale cambiamento sono:
- La democratizzazione dell'economia;
- Garanzia di lavoro per tutte le persone
- Un'estensione del servizio pubblico ai settori necessari per la sopravvivenza