La sofferenza in Sudan deve finire!

16.11.2025

Risoluzione approvata dell'Assemblea dei delegat* della GISO Svizzera del 15 novembre 2025 a Zugo


Si tratta di una delle peggiori catastrofi umanitarie del nostro tempo. La storia di guerra del Sudan è lunga: dall’indipendenza dello Stato nel 1956, il Paese è stato ripetutamente scosso da guerre civili e rivolte; nel 2003 si è verificato un genocidio nella regione del Darfur.1 Dal mese di aprile 2023, il Sudan è devastato da una sanguinosa guerra tra l’esercito sudanese (SAF), guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan, e le Forze di Supporto Rapido (RSF), una milizia paramilitare sotto il comando del generale Mohamed Hamdan Dagalo. Questo conflitto di potere ha causato almeno 150’000 vittime e costretto oltre 14 milioni di persone alla fuga, provocando una catastrofe umanitaria di proporzioni inimmaginabili.2 Negli ultimi mesi, la situazione è ulteriormente peggiorata: la popolazione subisce livelli crescenti di violenza e massacri.

Il 26 ottobre, le RSF hanno preso il controllo della città di Al-Faschir dopo mesi d’assedio. Già prima di quella data, la popolazione soffriva per la carenza di cibo e le condizioni di vita disastrose. Dopo la conquista della città, le RSF hanno assassinato sistematicamente migliaia di persone in pochi giorni, commettendo atrocità di massa contro la popolazione civile. L’entità esatta del massacro è ancora poco conosciuta, ma l’Humanitarian Research Lab ha pubblicato immagini satellitari che mostrano vaste aree macchiate di sangue nella città, rivelando la portata del massacro.3 In tutto il Paese, la violenza sessuale, la fame e i massacri contro la popolazione civile vengono usati come armi. Il rappresentante speciale dell’UNICEF per il Sudan ha denunciato violenze mirate contro gruppi etnici e il collasso totale dell’ordine pubblico.4

La Corte penale internazionale parla di crimini di guerra e crimini contro l’umanità e ha avviato delle indagini. Gli attacchi deliberati contro gruppi etnici e la brutalità della violenza fanno supporre che in Sudan si stia perpetrando un genocidio.

Massacri in nome degli interessi economici

Nel 2019, il governo allora guidato da Omar al-Bashir è stato rovesciato. Invece di sostenere le aspirazioni democratiche della popolazione sudanese, gli Stati occidentali hanno ripetutamente appoggiato regimi autoritari per proteggere i propri interessi geostrategici ed economici. Paesi come Russia, Cina, Turchia e Emirati Arabi Uniti forniscono in massa armi al Sudan, utilizzate dalle SAF e dalle RSF contro la popolazione civile.5 Anche Stati del Nord globale intervengono direttamente o indirettamente nel conflitto per difendere i propri interessi. Il Sudan possiede importanti riserve minerarie e petrolifere; grandi multinazionali del Nord globale, come Chevron (USA) o Lundin Energy (Svezia), hanno interessi economici nella regione e finanziano milizie per proteggere i loro giacimenti e le infrastrutture.6 Anche gli Emirati Arabi Uniti finanziano e sostengono le RSF e contrabbandano armi nel Darfur.7 Secondo i dati della Banca Centrale sudanese, il 90% dell’oro esportato è stato importato negli EAU. In questo modo, gli EAU facilitano il finanziamento indiretto delle RSF tramite riciclaggio di denaro, traendo allo stesso tempo profitto dall’importazione di oro.8

Anche la Svizzera beneficia di questo sistema e contribuisce al finanziamento indiretto delle RSF. Uno studio ha dimostrato che la Svizzera importa frequentemente oro da Dubai. Dubai è un nodo centrale del traffico di oro africano di contrabbando, incluso oro proveniente da zone di conflitto o legato a violazioni dei diritti umani e lavoro schiavistico.9

Inoltre, nel 2024 la Svizzera ha venduto armi per un valore di quasi 5 milioni di franchi agli Emirati Arabi Uniti.10 Non è ancora provato che armi svizzere siano state consegnate alle RSF,11 ma poiché gli EAU hanno già in passato trasferito armi svizzere a Paesi in guerra, è altamente probabile che anche in questo caso armi svizzere possano finire alle RSF. Di conseguenza, la Svizzera si rende corresponsabile dei massacri contro la popolazione sudanese, o quantomeno accetta consapevolmente questo rischio in nome del profitto.

La collaborazione dell’UE con le RSF nell’ambito del controllo migratorio mostra chiaramente che gli interessi politici ed economici del Nord globale vengono sistematicamente anteposti ai diritti umani. Nel cosiddetto Processo di Khartoum, l’UE ha lavorato a stretto contatto con le forze di sicurezza sudanesi per impedire alle persone di fuggire verso l’Europa. Nel quadro di questo processo, l’UE finanzia progetti regionali volti a “migliorare” la gestione della migrazione. Tuttavia, uno studio ha mostrato che solo il 3% dei finanziamenti dell’UE in Sudan è stato effettivamente utilizzato per rendere le rotte di fuga più sicure e per contrastare il traffico di esseri umani.12

Assumersi le proprie responsabilità!

È tempo di agire in solidarietà con la popolazione sudanese. Per affrontare in modo duraturo la crisi in Sudan e aprire la strada a un futuro giusto e democratico, è necessario un intervento politico deciso a livello internazionale. Gli Stati europei non possono più mettere i propri interessi economici al di sopra delle vite umane e devono porre immediatamente fine alle loro attività neocoloniali. Il Nord globale deve schierarsi dalla parte dei diritti umani e assumersi le proprie responsabilità!

Chiediamo:

  • Un cessate il fuoco immediato e duraturo
  • Una fine immediata di tutte le forniture di armi nella regione e agli Emirati Arabi Uniti, nonché un rigoroso controllo del commercio internazionale di armi
  • L’immediata sospensione di tutte le esportazioni di materiale bellico svizzero nel mondo
  • La sospensione dell’accordo di libero scambio svizzero con gli Emirati Arabi Uniti
  • L’accoglienza delle persone in fuga e un ampio sostegno umanitario sul posto
  • La messa in sicurezza delle rotte di fuga
  • Controlli severi sulle multinazionali e l’istituzione di basi legali per renderle responsabili
  • Sanzioni contro gli Stati che sostengono e finanziano violazioni dei diritti umani in Sudan
  • Il sostegno alla popolazione civile sudanese nella costruzione di uno Stato democratico e di un controllo democratico sulle proprie risorse naturali

Fonti:
[1]: https://frieden-sichern.dgvn.de/konflikte-brennpunkte/sudan

[2]: https://edition.cnn.com/2025/10/28/africa/sudan-rsf-takes-el-fasher-intl

[3]: Humanitarian Research Lab, Atrocity Alert - RSF Closed Berm Exit and Ongoing Body Disposal Operations in El-Fasher, 6 Novembre 2025.

[4]: https://www.zeit.de/politik/ausland/2025-11/sudan-buergerkrieg-unicef-sheldon-yett-gxe

[5]: https://www.amnesty.org/en/latest/research/2024/07/new-weapons-fuelling-the-sudan-conflict/.

[6]: Luke A. Patey, A Complex Reality: The Strategic Behaviour of Multinational Oil Corporations and the New Wars in Sudan, DIIS Report 2006:2.

[7]: https://www.bbc.com/news/articles/c3w1nzpg5dgo

[8]: https://www.swissinfo.ch/eng/international-geneva/sudan-war-uae-gold-trade-geneva/90284839

[9]: https://www.srf.ch/news/schweiz/intransparenter-goldhandel-herkunft-unbekannt-so-gelangt-undeklariertes-gold-in-die-schweiz

[10]: SECO, Bericht: Ausfuhr von Kriegsmaterial im Jahr 2024, 11 marzo 2025

[11]: https://www.amnesty.ch/de/laender/naher-osten-nordafrika/jemen/dok/2019/schweizer-handgranaten-von-den-emiraten-an-miliz-im-jemen-geliefert, Lieferungen durch die VAE an den Jemen.

[12]: https://migration-control.info/en/blog/how-the-european-union-finances-oppression/