Per una Hong Kong democratica

05.09.2020

Risoluzione all’attenzione dell’assemblea de* delegat* del 5 settembre 2020 a Bussigny

A partire dal 2019, i diritti fondamentali e la libertà d’espressione, di riunione e di stampa ad Hong Kong sono sempre più minacciati dal Partito Comunista cinese.

Hong Kong, dopo essere stata occupata dal Regno Unito per 156 anni, è ritornata ad essere di proprietà cinese nel 1997. Da allora lo status di Hong Kong è quello di Regione amministrativa speciale (RAS) e dovrebbe essere governata dal principio «un paese, due sistemi», come definito nella dichiarazione congiunta sino-britannica, fino al 2047.

A partire dalla firma di questi accordi, i tentativi cinesi di interferire negli affari interni dell’arcipelago si sono moltiplicati. Scomparsa di oppositori e oppositrici, sospensione di parlamentari filodemocratici, manovre geopolitiche e nuove leggi: sono solo alcuni degli strumenti utilizzati dal governo cinese. Inoltre, il governo centrale nomina, per così dire, il capo dell’esecutivo e una parte significativa del parlamento locale. Così, nel 2014, la Rivoluzione degli ombrelli si è opposta al tentativo di Pechino di limitare la portata del suffragio universale ad Hong Kong. Le manifestazioni sono state violentemente represse, ed i tre leader del movimento sono stati arrestati e messi in carcere.

Nel febbraio 2019, il governo di Hong Kong, filocinese, ha proposto una legge sull’estradizione che consente l’invio di criminali provenienti da Hong Kong nella Cina continentale. Più di un milione di manifestanti sono scesi in piazza per protestare, per lo più pacificamente, contro questa legge che minaccia i loro diritti e le loro libertà. Tuttavia, la risposta della polizia è stata sistematicamente violenta e con un forte desiderio di proteggere lo status quo ed il governo attuale.

Nel 2020, mentre infuriava la pandemia di Covid, le dimostrazioni sono proseguite, anche se sono state in parte vietate con la scusa della salute pubblica. Il governo cinese ha approfittato della pandemia e della conseguente mancanza di interesse da parte della comunità internazionale per approvare una legge sulla sicurezza che consenta il controllo della libertà di espressione dei cittadini e delle cittadine di Hong Kong. Questa decisione è stata presa con il pretesto di proteggere il territorio semi-autonomo da interferenze straniere e forme di dissenso interno. Mentre i paesi occidentali sostengono le manifestazioni per ragioni principalmente economiche, noi crediamo nella capacità del popolo di Hong Kong di autodeterminarsi e di creare una società democratica e socialmente equa.

In un momento in cui si sta realizzando il progetto imperialista del Partico Comunista cinese, la Gioventù Socialista svizzera, che difende ardentemente i diritti fondamentali, si oppone fermamente alle violenze della polizia, in solidarietà con il popolo di Hong Kong e supportando le cinque richieste formulate dal movimento di Hong Kong nel giugno 2019:

  • L’abbandono di qualsiasi progetto di legge che autorizzi l’estradizione (ottenuto nell’ottobre 2019).
  • Il ritiro della qualifica di «sovversivi» (qualifica che permette di interrogare i/le manifestanti)
  • Il rilascio immediato de* manifestanti arrestati.
  • La creazione di una commissione d’inchiesta esterna e totalmente indipendente sugli abusi e sugli attacchi della polizia.
  • L’introduzione immediata del suffragio universale.

Di conseguenza, il nostro partito avanza le seguenti richieste al Governo svizzero:

  • La Confederazione dovrà vietare l’esportazione di armi verso il governo di Hong Kong.
  • La segreteria di stato per le migrazioni dovrà inserire Hong Kong nella lista dei paesi prioritari per l’accoglienza dei rifugiati.
  • La confederazione dovrà continuare ad opporsi attivamente sulla legge per la sicurezza nazionale imposta ad Hong Kong dalla Cina.
  • La Confederazione deve denunciare gli accordi di libero scambio con la Cina e con Hong Kong.