di Alice Pasquale
Aba era un bambino di otto anni. Amava ridere e giocare, ma nulla amava più della sua famiglia. Avrebbe voluto macchinine, pupazzi e la Playstation per fingere di giocare alla guerra, ma Aba era un bambino soldato: lui alla guerra giocava veramente.
Non sapeva come né perché, ma una mattina si era svegliato e delle ombre lo avevano portato lontano. Gli avevano dato strani giocattoli, troppo pesanti per le sue piccole braccia. Gli avevano fatto prendere delle strane medicine. “Per renderti forte”, gli avevano detto.
Aba giocava insieme ad altri bambini a far cadere le persone sputando fuoco dai loro giocattoli. Non sapeva perché, ma sapeva che altrimenti gli sarebbero toccate altre medicine, e ai bambini le medicine non piacciono.
Uno dopo l’altro, gli amici di Aba non si rialzavano più. E lui aveva paura.
Il gioco finì. La strada piena di persone a terra, dipinte di rosso. Aba era in piedi. Tornò a casa, ma nessuno lo aspettava.
Oggi Aba ha 32 anni ed è scappato dai giocattoli e dalle medicine. Si sveglia di notte, però, e spesso ha gli incubi. Crescendo, ha capito cos’era quello strano gioco. Ora Aba vive in Svizzera con i suoi due bambini. Li guarda spesso ed è felice di sapere che non fanno gli stessi giochi della sua infanzia.
Nessun pietismo, nessuna carità: questa è solo una storia. Ogni persona ha un passato e una dignità che vanno rispettate, sempre. Negli occhi dei vostri figli provate a vedere il piccolo Aba, a mettervi nei panni dell’“altro”. A vivere come lui, soltanto per un giorno. A scappare dal vostro Paese, lo stesso di vostro padre e di suo padre prima di lui.
Proviamo a capire, senza giudicare, senza perbenismo, senza demagogia, ma con un sincero desiderio di aiuto.
Io ci sono. E tu?
19.01.2015