Sistema carcerario: solidarietà e supporto invece di vendetta

05.09.2020

Presa di posizione sulle "prigioni" della GISO Svizzera

Un sistema giudiziario funzionante è una componente fondamentale di uno Stato moderno, siccome si occupa dell'applicazione delle leggi e della garanzia dei diritti fondamentali. In caso di conflitto tra individui, tra gruppi, o con lo Stato, il sistema giudiziario definisce e si occupa di far rispettare le conseguenze previste. Per la sinistra critica nei confronti dello Stato, il dibattito sul sistema giudiziario e le sue componenti (tribunali, leggi, magistratura, polizia, ecc.) è sempre stato rilevante.

Negli ultimi decenni, la maggioranza della destra borghese ha contribuito al deterioramento del sistema giudiziario, ad esempio permettendo di imprigionare le persone più facilmente, o riducendo i diritti degli imputati. Con i vari tagli allo stato sociale, la repressione è aumentata e i diritti delle persone socialmente svantaggiati vengono erosi costantemente. La sinistra ha finora fato molto poco per contrastare questa tendenza, e al momento non si intravedono risposte soddisfacenti. Questo documento vorrebbe contribuire ad una visione di sinistra sul sistema giudiziario. Il documento si concentra su un aspetto puntuale del sistema giudiziario, ovvero quello delle carceri, siccome si tratta di uno degli aspetti più problematici e visibili del sistema giudiziario.

Che forma ha il sistema giudiziario e perché?[1]

Sebbene le prigioni a scopo punitivo siano un'invenzione piuttosto recente, oggi è molto difficile riuscire ad immaginarsi una società senza di esse. Non perché non ci siano alternative o soluzioni migliori, ma perché le prigioni sono presenti da quanto siamo nati.

Come si è sviluppato il sistema carcerario?

Fino al 19esimo secolo, le punizioni erano solitamente più cruente. In Europa, nel medioevo, le persone venivano crudelmente torturate e giustiziate. Già allora esistevano le prigioni, ma venivano utilizzate unicamente per l'attesa ella punizione e non come punizione vera e propria.

Le prigioni come le conosciamo oggi sono state create circa nello stesso periodo degli Stati borghesi[2], e non si tratta di una coincidenza. Le prigioni, meno crudeli rispetto alle punizioni precedenti, erano utili come riserva di manodopera a basso costo per le nuove fabbriche[3]. Si sperava che le persone non conformi alle norme o non sfruttabili come lavoratori potessero essere reintegrate nella logica di sfruttamento capitalistico. Un'altra ragione dell'ampia diffusione delle carceri è la presunta uguaglianza della pena: apparentemente la reclusione sembra pesare in egual modo su tutti i cittadini, ricchi o poveri che siano. Si tratta di argomentazioni che possono e devono essere criticate ancora oggi, tuttavia è difficile pensare oggi ad un mondo senza prigioni, non perché le alternative sono realmente impossibili, ma perché siamo sempre cresciuti insieme ad esse.

Chi si trova in prigione? E perché?

Tuttavia, nonostante l'uguaglianza formale, la realtà è molto diversa: nelle carceri sono reclusi soprattutto stranieri e lavoratori. Ovviamente ciò non accade perché queste persone sono criminali per ragioni naturali, ma perché si tratta di gruppi di persone perseguitate e criminalizzate maggiormente. Infatti, queste categorie spesso vivono in situazioni di povertà e difficilmente possono comprarsi l'uscita di prigione. Questa è una conseguenza del capitalismo, che crea diseguaglianze, e del nazionalismo, che impedisce l’integrazione dei migranti, privandoli di alcuni loro diritti (lavoro e diritti civili).

Stabilire quali reati vadano perseguiti e con quali mezzi è sempre una decisione politica. Non è una coincidenza che nelle nostre carceri si trovino molti più taccheggiatori rispetto agli evasori fiscali[4]. Le frodi fiscali, così come molti altri reati finanziari, sono perseguiti in modo poco coerente e incisivo, nonostante costino milioni alla società. Così facendo, lo Stato modella a sua volta la rappresentazione del concetto di "crimine" e del "criminale". Perciò, il fatto che nell'opinione pubblica sia molto più diffusa l'immagine dello "straniero criminale" rispetto a quella del "banchiere criminale" è principalmente una decisione politica.

La criminalizzazione delle persone con un passato migratorio viene ulteriormente intensificata grazie al Racial profiling[5] e alla legislazione discriminatoria per gli stranieri: circa 1/6 di tutte le condanne penali in Svizzera sono bassate sulla legge sugli stranieri[6] (esempio: il reato di soggiorno illegale). Le condanne contro i cittadini svizzeri sono molto più rare. Particolarmente scandaloso è il concetto di detenzione amministrativa. La legge sugli stranieri consente alle autorità di trattenere i richiedenti d’asilo respinti e le persone senza permesso di soggiorno per un periodo massimo di 18 mesi senza che venga commesso alcun reato. Questa detenzione serve spesso a indurre i richiedenti d’asilo respinti a fare ritorno “volontariamente”.

Inoltre, gli stessi procedimenti penali producono risultati estremamente poco omogenei, siccome le persone ricche possono permettersi gli avvocati migliori. Il 95% die procedimenti penali sono conclusi dai pubblici ministeri con un'ordinanza penale senza udienza. È poi la procura stessa a decidere quale sarà la sanzione. Non essendoci l'udienza in tribunale, manca per gli imputati la possibilità di difendersi, essendo il diritto difficilmente accessibile e comprensibile per la maggior parte della popolazione. Per lo Stato si tratta di un metodo efficiente, ma coloro che si trovano di fronte a difficoltà linguistiche, fisiche o psicologiche risultano praticamente privi di ogni protezione legale. Le persone più povere, così come gli stranieri, vengono spesso posti in detenzione preventiva, siccome non hanno la possibilità di pagare la cauzione, o perché il "pericolo di fuga" viene considerato maggiore nei loro casi[7]. Allo stesso modo, gli stranieri vengono arrestati per reati minori molto più spesso, ottengono pene più lunghe, vengono reclusi più frequentemente e raramente vengono rilasciati anticipatamente[8].

Quale dovrebbe essere l'obbiettivo delle prigioni? E cosa succede realmente?

Le prigioni, create dalla classe borghese, dovrebbero svolgere tre mansioni: dissuadere dal commettere crimini, fungere da risarcimento per i crimini commessi e proteggere la società.

Il presunto effetto deterrente è controverso, siccome molti detenuti commettono nuovamente dei crimini quando vengono rilasciati[9]. Nella maggior parte die casi, le sanzioni severe sono controproducenti. Inoltre, la prigione ha un effetto negativo sulla psiche delle persone detenute. Le prigioni maschili spesso rafforzano i modelli di mascolinità tossica e di comportamento che ne derivano[10]. In carcere non si impara a vivere una vita sana in società, ma solamente a sopravvivere in una condizione difficile. Il carcere è anche un peso enorme per i figli dei detenuti. In Svizzera, circa 9'000 bambini vivono separati da un genitore per questo motivo. Due terzi di questi bambini sviluppano un disturbo comportamentale durante la detenzione del genitore, mentre un terzo soffre di disturbi fisici[11]. L'incarcerazione di un genitore può avere conseguenze molto gravi sulla vita dei bambini.

Anche l'effetto deterrente, spesso menzionato, è difficilmente rilevabile[12]. Molti crimini sono commessi in momenti di "emozione violenta"[13], perciò la gravità delle pene non viene valutata razionalmente. I reati non vengono commessi perché le pene sono troppo blande: gli autori dei reati non ponderano realmente la relazione tra la pena e il beneficio del reato e commettono crimini a causa di ragioni strutturali. Fattori decisivi per il comportamento criminale sono la scarsa istruzione, il basso reddito, la disoccupazione, la malattia, le dipendenze, o in generale altri eventi che hanno plasmato l vita dell’autore del reato: tutti fattori influenzati dalla società.

Le prigioni sono sicuramente adatte come strumenti di ritorsione. Ma combattere violenza con altra violenza è un principio cattivo e che va rigettato. Non si ottengono effetti positivi infliggendo violenza.

Il sistema carcerario odierno non contribuisce in alcun modo a creare una società più sicura o più giusta. Serve soprattutto a preservare lo stato borghese e ad opprimere determinate categorie di popolazione.

Come potrebbero essere le prigioni?

La risocializzazione dei detenuti delle carceri avrebbe effetti positivi, ma ciò si verifica sempre meno di frequente a causa del progressivo smantellamento dello stato sociale. Naturalmente rifiutiamo l’idea di risocializzare le persone con lo scopo di reintegrarle in una logica capitalistica di sfruttamento. Tuttavia, riteniamo semplicemente inaccettabile che le persone debbano marcire in prigione.

Alcuni stati, come la Norvegia, hanno già delle strutture carcerarie che consente ai detenuti un elevato grado di libertà anche durante la detenzione. La vera pena dovrebbe essere la privazione della libertà, e non le condizioni di detenzione. Ciò significa che i detenuti spesso cucinano i propri pasti autonomamente, hanno maggiore libertà di movimenti e possono organizzare da soli la propria giornata ed il proprio lavoro. Il tasso di recidiva parla a favore di questo tipo di modello, siccome in Norvegia è del 20%, ovvero notevolmente inferiore rispetto ai paesi con sistemi più repressivi (spesso intorno al 50%). In Svizzera, il modello della pena semi detentiva[14] (per alcuni reati) è ben consolidato ed ha portato ad un tasso di recidiva più basso (38%).

A breve e medio termine: nessuna reclusione per motivi di ritorsione e trattamento equo dei detenuti

La nostra idea di gestione dei comportamenti socialmente dannosi non può essere realizzata all'interno di uno stato borghese. Nonostante ciò, sono possibili diverse riforme per migliorare la situazione ed evitare ulteriori deterioramenti.

Condizioni di detenzione

Il numero di persone detenute è in costante aumento per vari motivi[15]. Da un lato, la destra borghese continua a chiedere inasprimenti delle pene e ha reso nuovamente possibile la detenzione breve per reati minori. D'altro parte, vengono concesse sempre meno sospensioni condizionali della pena[16].

Chiediamo perciò:

  • Una rinuncia all'armonizzazione delle pene proposta dal Consiglio federale, che propone sanzioni maggiori.
  • Il rilascio automatico dei detenuti dopo i 2/3 del totale della pena.
  • Un nuovo divieto per le pene detentive brevi, siccome ciò non garantisce né la risocializzazione dei detenuti né la protezione della popolazione.
  • Che si ricorra maggiormente alle alternative al carcere, come per esempio l'assistenza sociale, le cure psichiatriche o gli arresti domiciliari.

Fortunatamente, al momento in Svizzera non esiste un sistema penale privato, anche se ciò è giuridicamente possibile. Tuttavia, altri settori legati al sistema carcerario, come il trasporto tra diverse istituzioni, sono già in mano ai privati. Uno sguardo verso altri paesi mostra ciò che rappresenta veramente la privatizzazione del sistema giudiziario in un regime capitalista: la completa massimizzazione del profitto a spese dei detenuti. Le prigioni private causano anche un allungamento delle pene, siccome recludendo le persone più a lungo si massimizzano i profitti. Le amministrazioni delle prigioni private hanno un certo margine di manovra per quanto riguarda la durata delle pene detentive e, ad esempio, possono ostacolare la scarcerazione anticipata sulla base delle norme di buona condotta. Ecco perché è fondamentale impedire ulteriori privatizzazioni del sistema penale.

Chiediamo perciò:

  • Una moratoria delle prigioni private
  • Divieto di ottenere profitti dal sistema penale
  • Una rinazionalizzazione di tutti i servizi privati che operano nel sistema giudiziario.

Prima di una condanna, generalmente si finisce in prigione. Le condizioni di detenzione sono spesso catastrofiche: nessun contatto con il mondo esterno, nessuna possibilità di lavorare e solo un'ora al giorno fuori dalla cella. Siccome la custodia cautelare può essere prolungata, la sua durata risulta essere di fatto illimitata. Le pessime condizioni di detenzione causano un alto tasso di suicidi[17].

Chiediamo perciò:

  • Un'agevolazione delle condizioni di detenzione per quanto riguarda la custodia cautelare, e in particolare una riduzione dei tempi di detenzione a otto ore al giorno.
  • Una limitazione della durata della custodia cautelare ad un massimo di sei mesi, eliminando la possibilità del prolungamento illimitato.

Quando le persone vengono private della propria libertà a causa della loro pericolosità, il tempo che trascorrono in prigione può essere prolungato in modo illimitato. Ciò porta spesso una persona a restare in prigione per un tempo che eccede la sua reale condanna. È già problematico provare a determinare se una persona sia pericolosa o meno. Il risultato di questa valutazione può essere molto diverso a dipendenza di chi la svolge. Inoltre, la pericolosità viene spesso sopravvalutata cercando di perseguire una strategia a rischio zero. Inoltre, il problema è ulteriormente aggravato dall'utilizzo di algoritmi che calcolano la presunta pericolosità di una persona in base a dei modelli standard. I risultati di queste indagini sono spesso considerati come verità innegabili. Invece di risocializzare le persone, esse vengono recluse, anche perché non sono previste sufficienti risorse per una risocializzazione generale.

Chiediamo perciò:

  • La reclusione preventiva solo per reati estremamente gravi.
  • La creazione di un numero sufficiente di posti per la risocializzazione terapeutica, compresa una formazione di alta qualità per il personale
  • Un maggiore monitoraggio degli esperti attraverso la creazione di un supporto legale per le valutazioni di pericolo.
  • L’abolizione della possibilità di estendere le pene.
  • L'attuazione delle misure di detenzione preventiva dovrebbe avvenire in un contesto più simile a quello della vita quotidiana[18].
  • Il divieto di conversione retroattiva di una pena in detenzione.

Generalmente, la gestione die disagi psichici deve essere migliorata: le ultime raccomandazioni dell'ONU rivolte alla Svizzera invitano a ricorrere alla detenzione solamente come ultima risorsa[19].

Chiediamo perciò:

  • Un maggiore utilizzo elle alternative alla detenzione: chiediamo misure terapeutiche, limitate nel tempo e rieducative.

Il sistema giudiziario svizzero è profondamente razzista. Le persone colpite da razzismo e discriminazione sono soggette a maggiori controlli e persecuzioni, e hanno meno possibilità di difendersi.

Chiediamo perciò:

  • L'abolizione di tutti i reati specifici per gli stranieri. A corto termine vogliamo abolire il "soggiorno illegale", che riguarda richiedenti d'asilo e sans-papier.
  • Un accesso non discriminatorio alle alternative alla detenzione e alla libertà condizionale per le persone di qualsiasi nazionalità e le persone apolidi.
  • Abolizione della detenzione amministrativa.

Condizioni di detenzione

Come società dovremmo avere un grande interesse per la risocializzazione dei detenuti. La detenzione dovrebbe essere organizzata per permettere ai detenuti di reinserirsi nella vita quotidiana in seguito.

Chiediamo perciò:

  • Un maggiore utilizzo delle misure di risocializzazione[20], per consentire alle persone detenute di condurre una vita autodeterminata, concentrandosi sull'aiutare le persone e sé stessi.
  • Il divieto di compiere discriminazioni sulla base dei reati commessi in passato.

Per i parenti e i figli dei detenuti, la reclusione risulta essere molto stressante e dannosa. Non possono essere queste le conseguenze del nostro sistema giudiziario. Chiediamo perciò:

  • Che la reclusione avvenga il più vicino possibile rispetto al luogo in cui il detenuto viveva.
  • La creazione di spazi di visita adatti ai bambini.
  • Che si permettano contatti intensi tra detenuti e parenti, soprattutto durante la detenzione amministrativa.
  • Il diritto alla sessualità e all‘intimità.

Situazione delle donne* e delle persone LGBTI in carcere

Spesso il sistema carcerario riservato alle donne* è saturo. Nel 2018, ad esempio, in Svizzera mancavano 45 posti[21]. Di conseguenza, alcune donne finiscono in liste d'attesa e vengono recluse in carceri regionali e di custodia cautelare, dove normalmente non sono recluse donne. Siccome nelle carceri donne e uomini sono rigorosamente separati, si crea un parziale isolamento di queste donne. Ciò avviene anche perché le prigioni sono un luogo in cui prospera la mascolinità tossica, che rende i rapporti tra uomini e donni pericolosi. Nei casi più estremi, le detenute passano 23 ore al giorno in reclusione. Inoltre, l''identità delle persone trans è molto spesso ignorata. Un'eccezione positiva è la legge penitenziaria del cantone di Basilea Città, che dal 2019 rispetta l'identità di genere delle persone detenute[22].

Chiediamo perciò:

  • Un approccio mirato e sistematico atto a combattere la mascolinità tossica, siccome molti crimini violenti sono commessi a causa di essa.
  • La garanzia di avere un numero di posti sufficiente per tutti i generi, disporre di un tempo sufficiente fuori dalla cella e favorire le opportunità di scambio e istruzione.
  • Libera scelta del carcere per le persone trans.
  • Un centro di contatto interno ed indipendente per segnalare i casi di molestie sessuali e aggressioni, così come le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere.

Un altro problema evidente è il lavoro in carcere, che è per lo più ripetitivo e mal pagato. Il salario medio giornalieri è di circa 26.- franchi. Di conseguenza, sono soprattutto i capitalisti a beneficiare del lavoro carcerario, siccome permette loro di avere manodopera a basso costo.

Chiediamo perciò:

  • La possibilità di svolgere lavori soddisfacenti e di avere una buona formazione in tutte le carceri, indipendentemente dal reato commesso.
  • Una retribuzione per il lavoro svolto secondo le indicazioni valide in Svizzera (compresa la previdenza per la vecchiaia).
  • La revoca del divieto di organizzazione e di sciopero per i detenuti.
  • L'abolizione dell'obbligo di lavorare, soprattutto dopo il raggiungimento dell'età pensionabile.
  • La possibilità di accumulare risparmi protetti (oltre il tetto attuale di 600.-)

Le condizioni di vita delle persone recluse nelle carceri di massima sicurezza sono particolarmente drammatiche. Queste persone sono completamente isolate dai propri compagni di prigionia, e talvolta anche dal personale del carcere. Ufficialmente, questo tipo di detenzione dovrebbe essere ordinata solo per proteggere il prigioniero o persone terze, ma in realtà vien spesso scelta come punizione, e per ottenere maggiori fondi. Il rischio di problemi di salute mentale aumenta notevolmente durante la detenzione di massima sicurezza. Apatia, ansia, deliri, paranoia, depressione, aggressività, disturbi cognitivi, disturbi della percezione e psicosi sono le conseguenze più segnalate.

Chiediamo perciò:

  • A corto termine: limitare la detenzione nelle carceri di massima sicurezza ad un tempo di massimo due settimane.
  • A corto termine: l’ordinanza deve essere emessa solo da un tribunale e questo tipo di detenzione non dovrebbe essere inflitta a persone affette da difficoltà psichiche.
  • A medio termine: l’abolizione della detenzione di massima sicurezza, tenendo conto della sicurezza die restanti detenuti e del personale.

La protezione in carcere è spesso insufficiente, se non inesistente. I testi in cui sono presenti le norme legali sono scritti in modo molto complicato e risultano spesso incomprensibili ai detenuti. Le scadenze per le varie istanze sono spesso molto brevi, e i detenuti spesso non hanno accesso agli avvocati e temono maggiore repressione se oppongono resistenza. Gli appelli non hanno effetti sospensivi e spesso il verdetto avviene troppo tardi, quando la persona colpita ha già sofferto a causa degli abusi.

Chiediamo perciò:

  • L'accesso a consulenze legali indipendenti, ad avvocati gratuiti e ad interpreti.
  • Un allungamento delle scadenze per appelli e ricorsi.
  • Che chiunque sia stato punito ingiustamente con sanzioni disciplinari venga risarcito finanziariamente.
  • A lungo termine: assistenza alle vittime e autodeterminazione in caso di detenzione necessaria

Siamo convinti che in una società modellata secondo la nostra visione il numero di crimini diminuirebbe in modo significativo. In primo luogo, perché saranno soddisfatti i bisogni materiali di tutti. In secondo luogo, perché l’incidenza e la gravità delle malattie mentali diminuirà. In terzo luogo, perché l'uguaglianza tra le persone ridurrà i crimini mossi dall'odio[23], ed infine, perché molti dei reati oggi considerati penali non saranno più reati (ad esempio quelli legati al consumo di cannabis).

Tuttavia, rimarranno sempre dei residui di comportamenti socialmente dannosi. Non vogliamo affrontare questa situazione con ritorsioni o vendette, siccome non aiutano né l'autore né la vittima del reato. Il nostro obiettivo è quello di cercare di riparare il danno il più possibile ed aiutare la vittima. Ciò può essere ottenuto attraverso un’assistenza estesa alle vittime, o con altre possibilità. Nel migliore die casi, si può ottenere un reale rimorso da parte dell’autore del crimine. Anche la giustizia trasformativa[24] è un'opzione promettente. In ogni caso, l'applicazione di metodi standard a tutti i trasgressori della legge non potrà mai funzionare: occorre operare delle distinzioni a dipendenza della situazione personale, del reato e della vittima.

Inoltre, intendere il crimine come un fallimento individuale, idea molto diffusa nelle società occidentali e rafforzata dal neoliberismo, è un tipo di visione che dovrebbe essere fermata. Tutte le persone sono prodotte della società. Il crimine nasce soprattutto dalle strutture sociali ed è rafforzato da esse. Ciò deve essere considerato quando si valutano i reati. Le strutture che incoraggiano il crimine dovranno essere modificate. Per noi è chiaro che non sarà un maggior numero di prigioni a creare più sicurezza, ma dovrà farlo la sicurezza economica. Investimenti nell'istruzione, nella cura dei bambini e la promozione della partecipazione sociale sono fondamentali per creare maggiore sicurezza.

Perciò, la nostra visione comprende:

  • Il concentrarsi maggiormente sulle esigenze della vittima, cercando di ottenere cambiamenti sostenibili nel comportamento piuttosto che operare unicamente ritorsioni.
  • Un riconoscimento della corresponsabilità delle strutture sociali per i crimini, e, di conseguenza, una maggiore promozione della partecipazione sociale per tutti.

Se in alcuni casi l’unica opzione è una limitazione della libertà di movimento, non vogliamo che sia usata esplicitamente come misura punitiva, ma come misura di protezione per persone terze. Ma ciò dovrebbe realizzarsi unicamente in un quadro legale chiaro, e dovrebbe essere un'ultima risorsa per la protezione della società. La vita in prigione non dovrebbe essere completamente diversa dalla vita quotidiana, e si dovrà ampliare la gamma di misure di risocializzazione disponibili.


[1] Fonti ripetute nel documento: Michel Foucault, Sorvegliare e punire (1976); Karl-Ludwig Kunz, Kriminologie (2011); Stephan Bernard, Ungleiches Strafrecht für alle, in: Schweizer Zeitschrift für Strafrecht (2017); Thomas Galli: Neuordnung des Strafrechts mit sanfter Vernunft; Cathy O’Neil, Armi di distruzione matematica (2017)

[2] Contemporaneamente la società sta divenendo complessivamente più disciplinata. Ciò avviene nelle scuole, nelle fabbriche, negli ospedali, ecc.

[3] Ciò è importante anche dal punto di vista sindacale: già nel XIX secolo i lavoratori si lamentavano del farro che il lavoro in carcere avrebbe causato una riduzione generale dei salari.

[4] Vedi Statistica penale annuale del Consiglio d'Europa, P. 45

[5] Racial Profiling: Fenomeno per cui le persone vengono maggiormente controllate e condannate dalla polizia a causa del colore della pelle.

[6] Statistiche sulle condanne penale, 2018

[7] Il rischio di fuga è una degli aspetti presi in considerazione per poter stabilire una detenzione cautelare.

[8] Christoph Urwyler, Die Praxis der bedingten Entlassung, Berlin/Bern 2020, P. 290; Christin Achermann, Ausländische Strafgefangene zwischen Resozialisierung und Wegweisung, in: Alberto Achermann (Hrsg.) Jahrbuch für Migration 2014, P. 69 ff, P. 93 ff.; https://www.srf.ch/news/schweiz/schweizer-strafvollzug-warum-die-zahl-der-haeftlinge-zugenommen-hat

[9] Andrea Baechtold/Jonas Weber/Ueli Hostettler, Strafvollzug, Bern 2016, S. 40.

[10] Mascolinità tossica: modelli di genere e di ruolo nocivi per gli uomini. Per esempio, secondo questi modelli, gli uomini non dovrebbero mai mostrare emozioni. Ciò porta gli uomini a reprimere i sentimenti invece di affrontarli. Questi modelli non risultano perciò solo pericolosi per gli uomini, ma anche per chi li circonda.

[11] Céline Morisod, L’intérêt supérieur de l’enfant et le maintien des relations avec son parent incarcéré : Enjeux, difficultés et perspectives au regard d’intervenants, P. 14 f.

[12] Ulrich Eisenberg, Kriminologie, München 2005, P. 588.

[13] Con "emozione violenta" si intende un momento di psicologicamente intenso e di breve durata. Le emozioni possono essere di vario tipo, come paura, confusione o rabbia.

[14] Nei sistemi di semidetenzione sono previste meno misure contro l'evasione. I detenuti, ad esempio, possono andare a lavorare regolarmente di giorno e tornare autonomamente in carcere la sera.

[15] Statistiche sulla detenzione, 2019

[16] Christoph Urwyler, Die Praxis der bedingten Entlassung, Berlin/Bern 2020, P. 132.

[17]https://www.humanrights.ch/de/ipf/menschenrechte/freiheitsentzug/u-haft-verhaeltnismaessigkeit-rechtswirklichkeit

[18] In Germania ciò viene già parzialmente effettuato.

[19] Human Rights Committee, Concluding observations on the fourth periodic report of Switzerland, Paragrafo 39

[20] Misure che hanno lo scopo di reinserire le persone nella società dopo il carcere, come ad esempio formazioni, terapie, attività sociali, ecc.

[21]https://www.aargauerzeitung.ch/schweiz/zu-wenig-platz-fuer-frauen-in-haft-monatelanges-warten-auf-gefaengnisplatz-133548339 (verificato il 7.8.2020).

[22] https://www.tgns.ch/wp-content/uploads/2019/11/19-11-13_Justizvollzugsgesetz.pdf (verificato l'8.8.2020).

[23] I crimini d'odio sono crimini in cui la vittima viene selezionata in base all'appartenenza a determinati gruppi sociali, per questioni di genere o orientamento sessuale, ecc.

[24] Il termine "transformative justice" si riferisce al metodo rieducativo che consiste nel cercare di modificare i quattro pilastri fondamentali della sicurezza: a) il sostegno collettivo e l'autodeterminazione delle persone colpite; b) la responsabilità e il cambiamento delle persone che commettono crimini; c) lo sviluppo della comunità verso valori e pratiche dirette contro la violenza e le oppressioni; d) cambiamenti politici e strutturali per eliminare le cause sociali della violenza.
https://www.transformativejustice.eu/wp-content/uploads/2017/07/toolkit-finished-1.pdf