Presa di posizione della GISO Svizzera approvata dell’assemblea de* delegat* del 17 settembre 2022 (Coira)
Questa presa di posizione sviluppa ulteriormente le posizioni della GISO Svizzera sull'Europa e in particolare sull'Unione europea (UE). L'obiettivo è fornire un'analisi delle aree di conflitto e individuare approcci risolutivi a medio e lungo termine. Il documento si b asa sulle prese di posizione della GISO "Per un'Europa dei popoli, contro un'Europa del mercato finanziario" (2012), "10 anni di crisi economica globale" (2018) e la risoluzione "L'Europa invece dell'isolamento" (2014) e riprende gli sviluppi più recenti.
Come partito orientato all’internazionalismo, sappiamo che la Svizzera non è un'isola, ma si trova al centro dell'Europa ed è strettamente interconnessa con gli Stati membri dell'UE circostanti. È quindi logico che la GISO Svizzera assuma una posizione sull'UE che non sia solo orientata a costrutti come gli Stati nazionali, ma al principio "proletari di tutti i paesi, unitevi". Al momento, il PS Svizzera si sta occupando della sua posizione nei confronti dell'UE e sta discutendo i possibili scenari di adesione. Questo documento, tuttavia, vuole porre la questione dell'Europa e dell'UE in modo più fondamentale, affinché possa essere espressa in modo fondato sia all'interno del PS che ad altri livelli. La disintegrazione delle relazioni tra la Svizzera e l'UE, lo sgretolamento dell'UE stessa e le crisi che devono essere risolte a livello globale, come la crisi climatica o quella legata al Coronavirus, rendono il dibattito sull'Europa particolarmente attuale. La destra borghese e quella conservatrice in Svizzera, in particolare l’UDC, si oppongono con veemenza a questo importante dibattito: attaccano ripetutamente l'integrazione europea, talvolta con successo. Le ultime iniziative dell’UDC (1) rappresentano una politica conservatrice di destra protezionista e xenofoba, a favore del grande capitale econ gravi conseguenze per la popolazione. Il dovere di un partito antinazionalista e anticapitalista è quello di sviluppare una visione alternativa dell'Europa, per opporsi con decisione alle tendenze distruttive della borghesia e offrire una prospettiva sostenibile.
Né la storia né il presente dell’Unione Europea corrispondono agli ideali della GISO Svizzera. Dopo la Seconda guerra mondiale e le fusioni come la Comunità economica europea, che mirava anche a prevenire futuri conflitti tra i Paesi europei, nel 1993 alcuni Stati europei si sono uniti per formare l'Unione europea (UE). Per creare un mercato comune, una moneta comune e regole e istituzioni comuni, ogni Stato membro dell'UE ha rinunciato a parte della propria sovranità nazionale. Oltre ai vantaggi dell'economia di mercato derivanti da un ampio mercato interno, l'UE ha rafforzato l'Europa nei confronti di attori globali come gli Stati Uniti e la Cina. Tuttavia, la concorrenza economica intraeuropea è rimasta e ogni Stato ha dovuto affrontare da solo le nuove regole del gioco. In particolare, la crisi economica e finanziaria del 2008 e le sue conseguenze hanno mostrato chiaramente che la disparità tra gli Stati membri dell'UE è enorme e la cooperazione minima.
In nessun momento l'UE è stata un progetto globale e armonioso. Crisi come quella finanziaria ed economica, la Brexit o la politica migratoria hanno avuto un impatto negativo sulla coesione all'interno dell'UE. In molti Paesi europei si assiste a una rinascita dei partiti nazionalisti della destra radicale. Le conseguenze delle crisi e il fallimento delle istituzioni europee hanno portato a varie politiche disastrose in molti Stati membri. Con il suo regime migratorio isolazionista, imposto tramite l'agenzia di frontiera Frontex ai confini esterni dell'Europa, l'UE sta anche dimostrando la sua incapacità di aderire ai principi umanitari, e l'UE stessa è diventata un progetto incapace di essere riformato e attuato realmente, anche causa di scelte sbagliate in altri ambiti, che stanno bloccando la rettifica di queste infrazioni umanitarie o un vero miglioramento della politica dell'UE. La Brexit è stata una conseguenza di questo sviluppo e ha permesso ai partiti di estrema destra in tutta Europa di intensificare la lotta contro la libera circolazione delle persone e di diffondere idee razziste. Parallelamente, mentre gli Stati dei Balcani sudorientali aspettano da tempo di aderire. Questa incertezza in entrambe le direzioni dimostra la forte instabilità dell'UE. La sinistra europea è fortemente divisa nel suo atteggiamento verso l'UE. Questa gamma di posizioni possibili sul futuro dell'Europa è evidente anche nella GISO e nel PS. La critica al neoliberismo, al militarismo, all'imperialismo economico e all'autoritarismo è accompagnata dalla speranza di pace, di strutture democratiche sovranazionali (2) tramite soluzioni internazionali alle più grandi questioni del nostro tempo, come la crisi climatica, il capitalismo o il patriarcato.
Sorgono quindi due domande centrali: lo Stato svizzero è più capace dell'UE di avvicinarci a una società socialista e c'è ancora speranza per il progetto di integrazione europea? Le riforme possono salvare l'UE dalla sua crisi e condurre l'Europa verso un futuro socialista, o il progetto dell'UE deve essere dichiarato un fallimento per costruire una nuova struttura interstatale? Data la situazione attuale e l’urgenza politica, si può ipotizzare che sulla via di un mondo giusto sia più difficile lasciar morire ciò che resta dell'Europa unita oggi e creare qualcosa di nuovo invece che riformarla (a breve termine). Una svolta socialista è l'obiettivo finale della GISO.
La GISO Svizzera auspica quindi due sviluppi paralleli:
- Proposte di riforma trasformativa dell'attuale Unione Europea (capitoli la parte "Quadro istituzionale e politico dell'Unione europea", "L'UE: innanzitutto un libero mercato", "L'UE e la Svizzera: tra vincoli, influenze e confini" e " La crisi climatica e l'UE: un esempio della necessità di un'azione coordinata").
- Rafforzare la cooperazione della sinistra europea per preparare la costruzione di una nuova Europa federale e socialista (capitoli " Qual è il futuro prossimo delle nostre relazioni con l'UE?" e "La nostra visione per un'Europa sociale, democratica ed ecologica").
Questo documento si concentra principalmente sulla politica interna all'Europa a causa delle evidenti tensioni interne all'Europa e dell'importanza del futuro sviluppo dell'UE. Gli effetti globali delle politiche neoliberali, patriarcali e razziste e le possibili soluzioni sono trattati nel documento di posizione "Stop allo sfruttamento del Sud globale" del 2019 (3).
1. Quadro istituzionale e politico dell’Unione Europea
L'Europa non è solo l'UE. In tutto il continente, le persone vivono insieme perché condividono alcuni interessi che derivano dalla vicinanza geografica ma che vanno oltre il livello nazionale, come buone infrastrutture, una vita sicura o un ambiente sano. Dal punto di vista politico-istituzionale, ad esempio, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), l'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO), l'Unione dell'Europa Occidentale (UEO), l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e il Consiglio d'Europa sono altre importanti associazioni di Stati (non solo) europei, ma non sono neanche lontanamente importanti come l'UE. Pertanto, l'analisi che segue nel capitolo si limita principalmente all'UE.
Istituzioni interne dell’UE e funzionamento giuridico
Il Consiglio europeo è composto da* cap* di Stato e di governo degli Stati membri. Si riunisce quattro volte l'anno per prendere decisioni sulla direzione dell'UE. Le decisioni più delicate, come quelle sulla politica sociale, estera o fiscale, devono essere prese all'unanimità. Se da un lato garantisce l'uguaglianza di tutti gli Stati, dall'altro questo principio decisionale privilegia la sovranità degli Stati rispetto al benessere della popolazione europea: il veto di alcuni Stati, ad esempio, ha impedito una risposta umana alla crisi migratoria a partire dal 2015 o ha bloccato per lungo tempo l'armonizzazione delle imposte sulle società (4).
Il Consiglio dell'Unione Europea (Consiglio dei Ministri) riunisce i/le* ministr* dei singoli Stati membri, e non va confuso con il Consiglio d'Europa (5). Il Consiglio è responsabile della legislazione, insieme alla Commissione e al Parlamento. Poiché il/le ministr* non sono elett* direttamente dai/dalle* cittadin* dei loro Stati, ma vengono scelti liberamente dal rispettivo governo statale e di conseguenza la loro legittimità democratica è criticabile.
La Commissione europea è il governo dell'UE. I/le commissari* sono nominati dai governi dell'UE ed eletti dal Parlamento europeo. In pratica, i commissari sono fortemente influenzati dalle lobby molto attive a Bruxelles, che rappresentano principalmente gli interessi delle multinazionali e delle associazioni imprenditoriali (6). Inoltre, solo la Commissione europea ha il diritto di proporre leggi.
Il Parlamento europeo è eletto da* cittadin* dell'UE ed è composto da 751 deputat* che vengono elett* a livello nazionale, motivo per cui i temi a dimensione europea sono spesso completamente assenti dalle campagne elettorali. Gli/le* eurodeputat* sono quindi elett* principalmente sulla base di questioni nazionali o addirittura regionali piuttosto che su questioni sovranazionali. Inoltre, l'affluenza alle urne è bassa (50,66% nel 2019) e le persone prive della cittadinanza dell'UE non hanno diritto di voto, anche se sono direttamente interessate dalle politiche dell'UE, soprattutto per quanto riguarda l'asilo. Il Parlamento partecipa al processo legislativo secondo il principio della codecisione (o procedura legislativa ordinaria): Nessun testo legislativo può essere adottato senza l'approvazione del Consiglio dei ministri. Inoltre, il Parlamento stesso non ha il diritto di proporre nuove leggi. Anche le aree di competenza del Parlamento sono limitate: i/le* parlamentari non hanno voce in capitolo sulla politica fiscale o monetaria e hanno un potere limitato nella negoziazione di accordi commerciali internazionali. Oggi il Parlamento europeo ha chiaramente troppo poco potere rispetto alle altre istituzioni dell'UE.
Oltre alle quattro istituzioni politiche, vi sono altri importanti organi dell'UE. La Corte di giustizia europea, in quanto massima istanza giudiziaria dell'UE, e la Corte dei conti europea, in quanto organo di controllo delle entrate e delle spese dell'UE. Anche la Banca centrale europea (BCE) è importante per la struttura dell'UE. Il suo compito principale è quello di garantire la stabilità dei prezzi. Il mercato del lavoro o i criteri sociali non svolgono alcun ruolo nelle sue decisioni. La GISO chiede quindi il controllo democratico della Banca Centrale Europea e il servizio incondizionato della BCE a beneficio de* cittadin* europei.
I Trattati europei (Trattato sull'Unione europea (TUE) e Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)) sono accordi conclusi tra gli Stati membri dell'UE e costituiscono la base giuridica del funzionamento dell'UE. Il resto del diritto dell'UE (diritto derivato) si basa sui Trattati europei. Tra le altre cose, i trattati stabiliscono il principio neoliberale secondo cui l'UE deve operare in una "economia di mercato aperta e in libera concorrenza” (7). La GISO rifiuta questi principi neoliberali sanciti dai Trattati. La politica sociale non gioca quasi mai un ruolo nei trattati europei (Atto unico europeo): l'inclusione degli attori sociali nei negoziati e le poche concessioni, soprattutto nel campo del diritto del lavoro, sono principalmente mezzi per garantire lo sviluppo dell'integrazione economica (8). È difficile modificare questi trattati, poiché tutti gli Stati membri devono essere d'accordo su qualsiasi cambiamento.
Oltre alle istituzioni formali dell'UE, esistono gruppi informali che esercitano una notevole influenza sulla politica europea, ma che sfuggono alla percezione pubblica e al controllo democratico, come ad esempio la Troika, non legittimata democraticamente e composta da rappresentanti della BCE, del FMI e della Commissione UE. Essa è stata creata nell'ambito della crisi del debito pubblico greco e ha imposto severe riforme neoliberali in Grecia.
Altri organi dell'UE sono le Agenzie europee. Non si basano sui trattati istitutivi dell'UE, ma sono create per attuare il diritto dell'UE. Un'agenzia ben nota è Frontex, L'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che è congiuntamente responsabile della politica d’asilo antiumanitaria in materia dell'UE e degli Stati nazionali che ne fanno parte.
Alle agenzie viene lasciata una grande autonomia, in modo che le altre istituzioni possano concentrarsi sulle "grandi" strategie economiche e politiche. Il controllo sulle loro attività dovrebbe in realtà spettare al Consiglio europeo, ma in pratica non ne derivano né una responsabilità vincolante né controlli efficaci sull’operato. Nel caso di Frontex, questi controlli vengono addirittura utilizzati per nascondere le gravi violazioni dei diritti umani di cui l'agenzia si rende colpevole (9): si tratta di una scelta politica deliberata.
Carenze democratiche nell’UE
Ci sono grandi deficit democratici nelle istituzioni europee. L'Unione Europea è ben lontana dall'essere una democrazia parlamentare, e ciò non è mai stato il suo obiettivo prioritario: i potenti governi neoliberali, le grandi imprese e le lobby del settore privato lavorano per la deregolamentazione economica e non per gli interessi della popolazione europea. Solo il Parlamento europeo è eletto direttamente da* cittadin* degli Stati membri, nei limiti sopra indicati. I/le* membr* delle altre istituzioni dell'UE hanno diversi gradi di legittimità democratica o non ne hanno affatto se rappresentano Paesi in cui la democrazia è discutibile, come l'Ungheria o la Polonia. Ma l'UE ha pochissimo potere di azione contro queste carenze democratiche, anche perché i singoli stati possono bloccare le decisioni tramite il diritto di veto. Infine, l'applicazione del diritto dell'UE in quasi tutti i settori della politica stabilisce un quadro ristretto entro il quale i Paesi devono agire: la maggior parte della legislazione in vigore negli Stati membri è decisa principalmente da* ministr* riuniti nel Consiglio, scavalcando i parlamenti nazionali grazie al primato del diritto dell'UE sul diritto nazionale. I/le* cittadin* degli Stati membri possono così essere sottopost* a leggi che non possono influenzare minimamente.
In questa costellazione antidemocratica, accade spesso che i governi nazionali incolpino l'UE di misure neoliberali impopolari sebbene essi stessi le abbiano votate negli organi europei. D'altra parte, bisogna anche riconoscere che alcuni importanti progressi sono stati incorporati nelle politiche degli Stati membri attraverso il diritto comunitario.
La GISO Svizzera avanza quindi le seguenti richieste per la democratizzazione dell'UE:
- In seno al Consiglio europeo, il principio dell'unanimità dovrebbe quindi essere completamente abolito a favore del voto a maggioranza qualificata.
- Il Parlamento europeo dovrebbe avere il diritto di proporre leggi.
- I/le* cittadin* europei dovrebbero disporre di strumenti democratici diretti, come l'iniziativa popolare vincolante, che la Commissione europea deve trasformare in una proposta legislativa. Deve anche essere possibile per i/le* cittadin* europei chiedere modifiche ai trattati europei.
- I gruppi informali e non democratici devono essere sciolti.
- I compiti delle agenzie dell'UE devono essere svolti da istituzioni controllabili democraticamente e devono essere introdotti meccanismi di controllo efficaci.
La sinistra in Europa
È importante anche guardare al ruolo della sinistra in Europa. Essa è cambiata nel tempo e si differenzia in modo massiccio a seconda del movimento o del partito. Ai tempi di Schröder e Blair, a partire dagli anni Novanta, il neoliberismo sotto forma di liberalismo sociale è stato promosso attivamente dalle socialdemocrazie. Altri partiti di sinistra, come il Partito socialista in Portogallo o Syriza in Grecia, si sono opposti attivamente all'UE dopo la crisi finanziaria e hanno cercato di attutire le conseguenze dell'Europa capitalista attraverso politiche economiche degli Stati nazionali. Oggi di questi movimenti di protesta rimane ben poca forza.
La sinistra parlamentare dell'UE oggi si presenta così:
I/le* candidat* al Parlamento europeo sono nominati dai partiti nazionali e si organizzano in frazioni, tre delle quali sono più o meno di sinistra: i socialdemocratici S&D, i verdi e i regionalisti Verdi/ALE e la frazione di sinistra anticapitalista GUE/NGL. Insieme, queste frazioni rappresentano 255 dei 705 seggi. Tuttavia, questo dato non corrisponde al numero effettivo di parlamentari di sinistra, poiché alcuni partiti all'interno delle frazioni non seguono affatto la politica di sinistra. Ci sono anche alcuni elementi di sinistra che non appartengono a una frazione e quindi non sono inclusi in questo totale. Naturalmente, nessuna rivoluzione socialista potrà avvenire attraverso le istituzioni europee, ma quando si tratta di cambiamenti sociali ed ecologici sostanziali, il Parlamento europeo sembra essere nella posizione migliore per dare impulso a questo processo, attualmente in fase di stallo a causa della debolezza della sinistra progressista a livello europeo.
Le posizioni dei partiti della sinistra europea sull'UE sono spesso incoerenti e mancano di ambizione e di critica seria (10). Ciò si nota chiaramente nei partiti socialdemocratici, che sostengono in modo preponderante l'UE e le sue istituzioni e trovano difficile attuare riforme che limiterebbero l'influenza delle lobby finanziarie e commerciali a favore di un'Europa più sociale e solidale. In Inghilterra, Germania e Portogallo, l'ideale dell'apertura economica europea è atttualmente considerato dai partiti socialdemocratici più importante rispetto agli effetti negativi della deregolamentazione dei diritti delle persone lavoratrici. Tuttavia, in Francia, invece, la nuova alleanza di sinistra NUPES (un'alleanza su temi ecologici e sociali), che comprende il Partito Socialista francese sostiene la disobbedienza ai trattati europei per difendere "la sovranità e gli interessi del popolo francese", in particolare per consentire maggiori investimenti nei servizi pubblici e nella transizione ecologica, e per "riorientare le politiche europee verso ciò che è socialmente ed ecologicamente migliore". Tuttavia, quest'ultimo passaggio dimostra che l'unità a sinistra è possibile anche intorno alla questione europea. Infatti, ogni partito o organizzazione di sinistra che si rispetti riconosce ora la necessità di opporsi alle regole europee più antidemocratiche e incompetenti, ma senza chiedere l’uscita dall’UE.
Anche la Confederazione europea dei sindacati è un attore importante nella difesa de* lavoratori/trici* europe*, sebbene si concentri sulle istituzioni e sostenga i partenariati sociali piuttosto che la lotta sindacale. La GISO, invece, riconosce che i cambiamenti politici più radicali e necessari provengono dalle strade e non dai parlamenti.
Abbiamo bisogno di una sinistra che unisca i partiti, i movimenti sociali e i sindacati in Europa, con una visione comune. Non si tratta di un’illusione: movimenti e partiti come Momentum in Gran Bretagna, Syriza in Grecia, il Movimiento 15-M e Unidas Podemos in Spagna, La France Insoumise in Francia, ecc. avevano e hanno un grande potenziale per unire le persone nei Paesi europei sotto gli ideali del socialismo. La sinistra europea deve mettere in primo piano i diritti della classe lavoratrice e la difesa dei diritti fondamentali. Deve anche seguire una linea internazionalista, siccome glii interessi dei popoli devono essere superiori a quelli dei singoli stati. Una sinistra unita sarà anche in grado di contrastare efficacemente la minacciosa ascesa dell'ultradestra in molti Paesi europei come Francia, Italia o Ungheria.
2. L’UE - innanzitutto uno strumento del capitale
Come già detto, l'UE è principalmente un'area economica capitalista in cui l'integrazione economica degli Stati nazionali è l’obbiettivo principale. Ciò significa una ristrutturazione dell'Europa orientata alla concorrenza. I passi concreti compiuti dopo la fondazione dell'UE sono stati lo smantellamento delle barriere commerciali, la limitazione dei processi democratici di politica economica negli Stati nazionali e le privatizzazioni. La politica sociale nell'UE era ed è un campo d'azione politica di secondo piano, nel migliore dei casi.
Il funzionamento del mercato unico europeo è lo scopo principale dell'UE e comprende quattro sfere di "libertà": la libera circolazione delle merci, la libera prestazione dei servizi, la libera circolazione dei capitali e dei pagamenti e la libera circolazione delle persone. La problematica principale legata a queste “libertà” è il guadagno unilaterale per le grandi imprese. Sebbene la libera circolazione delle persone rappresenti uno smantellamento delle frontiere nazionali e un reale progresso nei diritti de* cittadin* dell'UE e degli Stati membri di Schengen, le restrizioni nazionali, ad esempio nel settore delle prestazioni sociali, fanno passare in secondo piano la libera circolazione delle persone. A causa di questa pressione, la protezione delle persone lavoratrici viene subordinata al grande capitale.
Protezione dei diritti de* lavorator/trici*
In tutta Europa, le differenze tra gli Stati membri in termini di diritti delle persone lavoratrici sono enormi. Ad esempio, i salari in Danimarca sono dieci volte superiori a quelli in Bulgaria. Gli Stati membri con una produttività relativamente bassa hanno subito una forte pressione sulle politiche salariali e fiscali per mantenere la competitività dopo l'introduzione dell'euro.
La differenza del costo della vita e della manodopera permette alle grandi aziende europee di massimizzare i profitti: esse producono a costi più bassi in alcuni Paesi, soprattutto nell'Europa dell'Est, beneficiando di salari più bassi, e mantengono la loro sede centrale in Europa occidentale, controllando così gran parte della catena di produzione. Questo processo è chiamato integrazione verticale dell'economia. Il risultato è il dumping salariale o la concorrenza sottocosto che, se non controllata, fa scendere i salari in tutta l’Europa. Le aziende praticano anche il dumping salariale assumendo persone provenienti da paesi con salari mediani più bassi. Ciò comporta un eccessivo sfruttamento delle persone lavoratrici, così come una pressione su tutti i salari. Nel 1996, l'UE ha introdotto la direttiva sul lavoro distaccato per creare migliori condizioni di lavoro per le persone che lavorano temporaneamente in un altro Paese (11). Ma ciò non basta: la protezione delle persone lavoratrici in Europa è indebolita dalla diminuzione dal grado di sindacalizzazione, e, maggior parte dei Paesi europei, dalla scarsa copertura dei contratti collettivi (che in Svizzera coprono solo il 50% de* dipendenti) e dalla giurisprudenza favorevole al capitale della Corte di giustizia europea, che mina quasi sistematicamente l'azione sindacale per far rispettare i diritti sociali.
Politica monetaria: la stabilità dell’euro è più importante del benessere della popolazione europea
L'introduzione dell'euro come moneta unica ha eliminato le incertezze causate dalle fluttuazioni delle valute nazionali. Il rovescio della medaglia di questi vantaggi sono le restrizioni alle politiche economiche nazionali. Gli stati sono costretti a rispettare i criteri di stabilità della moneta unica. Così, tutti gli Stati membri hanno perso il diritto di indebitarsi. Questa mancanza di libertà ha portato a situazioni disastrose, ad esempio nella crisi finanziaria ed economica, ma anche nella recente pandemia. Gli Stati membri sono stati costretti a politiche di austerità e quindi ad attuare una politica economica neoliberista a prescindere dalle maggioranze nazionali e dalle esigenze della popolazione. Ciò è avvenuto sulle spalle delle persone lavoratrici e delle popolazioni più povere. I grandi Stati perdenti, come Grecia, Italia, Portogallo, Spagna e Irlanda, hanno dovuto subire tagli allo stato sociale, privatizzazioni e lo smantellamento dei diritti de* lavorator/trici*. La popolazione portoghese è tuttavia riuscita a passare al contrattacco. Le grandi proteste contro la crisi hanno portato a significativi guadagni da parte dei due partiti di sinistra radicale Bloco de Esquerda e i Comunisti, che hanno poi partecipato a un governo anti-austerità con il partito socialista dal 2015 fino alle elezioni del gennaio 2022. L'esempio del Portogallo, in particolare, dimostra che la sinistra europea deve resistere con determinazione all'espansione delle misure neoliberali negli Stati nazionali e può unirsi per costruire un progetto alternativo. Le proteste all’interno di uno Stato membro possono portare a miglioramenti reali e fare pressione sull'UE.
La GISO si batte con determinazione per il 99% e quindi per i diritti di tutte le persone lavoratrici. Oltre alla difesa dei nostri diritti in Svizzera, la lotta internazionale contro il neoliberismo e lo sfruttamento è di importanza centrale. Buone condizioni di lavoro, servizi sociali decenti, garanzie di strutture socio-politiche come gli asili nido finanziati dallo stato e una politica migratoria solidale devono essere al centro della lotta per un'Europa unita. La GISO Svizzera chiede quindi una politica salariale e di contrattazione collettiva coordinata e una politica industriale e dei servizi socio-ecologica.
Inoltre, in Svizzera, in Europa e nel mondo, è essenziale una politica fiscale efficace a favore della ridistribuzione del capitale verso la popolazione attiva e per il contenimento del potere delle grandi imprese.
Pertanto, a breve termine, la GISO Svizzera avanza le seguenti richieste per una politica economica europea a favore del 99%:
- Le economie degli Stati nazionali devono essere liberate dal giogo della moneta comune e quindi dalla pressione causata dalle politiche neoliberali. Gli stati membri dovrebbero decidere autonomamente se vogliono avere una propria moneta e/o l'Euro.
- Nel contesto degli attuali negoziati con l'UE, la Sinistra svizzera deve battersi, in particolare, per l'introduzione della direttiva sulla cittadinanza europea, dei salari minimi e delle misure di parità salariale.
- È necessario creare un’unione politica sociale in tutta Europa per superare i vincoli neoliberali dell'attuale sistema economico europeo.
- Introduzione e aumento della tassa minima globale sulle grandi imprese.
- È necessario maggiore sostegno alle misure sindacali e all'estensione automatica dei contratti collettivi di lavoro.
- Le aziende con sede nell'UE devono applicare standard lavorativi e ambientali lungo tutta la catena di produzione, all'interno e all'esterno dell'UE.
- Introduzione di un'imposta europea sui redditi da capitale e sul patrimonio.
- Introduzione di consigli di lavoratori/trici* a livello europeo per le aziende che operano in più di un Paese.
3. L’UE e la Svizzera: tra vincoli, influenze e confini
In passato, la sinistra svizzera si è fortemente preoccupata della questione della protezione de* lavoratori/trici* in conflitto con l'integrazione europea. Nel quadro della libera circolazione delle persone, nel 2004 sono state introdotte misure di accompagnamento a favore delle persone che lavorano in Svizzera. Queste misure sono destinate a prevenire il dumping salariale e le condizioni di lavoro abusive. Sebbene si tratti di un'adozione del diritto europeo, queste norme sono state sviluppate e sono ora definite dall'UE come "discriminatorie", in particolare perché le aziende europee hanno otto giorni per denunciare le persone lavoratrici che "distaccano" in Svizzera, contro i quattro giorni a disposizione dell'UE. Le misure di accompagnamento hanno anche portato a un significativo ampliamento dei diritti de* lavoratori/trici* in molti settori, facilitando il ruolo vincolante di alcuni contratti collettivi. Queste misure sono sinonimo di conquiste sociali in Svizzera.
La Svizzera è legata all'UE tramite alcuni accordi. Oltre all'Accordo di libero scambio, vi sono gli Accordi bilaterali. Dopo il rifiuto dell'adesione allo Spazio economico europeo (SEE) nel 1992, gli Accordi bilaterali I, come inizio del percorso bilaterale, sono stati accettati dalla popolazione svizzera nel 2000, insieme alle misure di accompagnamento. I singoli accordi contenuti negli Accordi bilaterali I sono legati da una clausola ghigliottina (12). Nel 2005/2006, in seguito all'allargamento a est dell'UE, sono stati stipulati gli Accordi bilaterali II. Il contenuto comprendeva l'introduzione di Schengen/Dublino e, nel corso dei negoziati, il miliardo di coesione da versare all’UE. Nel 2009, la Svizzera ha detto sì all'allargamento dell'UE alla Romania/Bulgaria e all'espansione delle misure di accompagnamento. Nel 2014, l'UDC ha vinto il voto sulla sua iniziativa contro l’immigrazione di massa, che, tra l'altro, ha messo in discussione la libera circolazione delle persone (13). Nel 2016, il Consiglio federale ha informato il Consiglio dell'UE che la domanda di adesione della Svizzera all'UE era da considerarsi ritirata. Nel 2020, l'UDC ha fallito alle urne con la sua iniziativa sulla restrizione della libera circolazione delle persone. Anche l'adozione dinamica obbligatoria della giurisprudenza dell'UE in Svizzera è un tema ricorrente. Molte leggi sono immediatamente incorporate nel diritto svizzero, rendendo così la Svizzera parte integrante dell'Europa. La Svizzera spesso non ha la possibilità di influenzare queste leggi, il che è un problema importante dato l'orientamento neoliberale e anti-immigrazione dell'UE. Un eventuale caduta di una parte degli accordi bilaterali porterebbe a una rinegoziazione o a un ritiro dagli accordi. L'esempio più recente è il voto di Frontex e la discussione su un possibile ritiro dall'accordo di Schengen/Dublino.
Il contesto in cui si inserisce l'attuale discussione sulle relazioni Svizzera- UE è quello della complicata rete di accordi, composta da una ventina di accordi bilaterali principali e da oltre 100 altri accordi. Questa situazione non è più tollerata a causa delle sue complicazioni, e la Svizzera si è impegnata a unificare i vari accordi sotto l'ombrello di un accordo quadro. Oltre all'unificazione, l'UE chiede un meccanismo per risolvere eventuali controversie tra la Svizzera e l'UE.
Nel 2021 è stato presentato l'accordo quadro istituzionale (InstA), che è stato fortemente osteggiato, sia dai sindacatiche dalla destra. L'InstA avrebbe indebolito in modo massiccio le misure di accompagnamento ed era quindi insufficiente. Quando il Consiglio federale ha constatato l'intransigenza dei sindacati su questo tema, ha preferito abbandonare tutti i negoziati grazie ad un'alleanza del PLR con l'UDC, piuttosto che affrontare altri punti importanti per l'UE ma incompatibili con gli ideali politicamente conservatori della destra borghese in Svizzera, come la direttiva sulla cittadinanza europea. Dopo il fallimento dell’InstA, l'UE non è disposta a rinnovare gli accordi esistenti con la Svizzera o a concludere nuovi accordi. Il mancato rinnovo degli accordi di accesso al mercato esistenti crea importanti restrizioni all'approvazione dei prodotti.
Inoltre, la Svizzera non può più contare sulla collaborazione nei settori dell'istruzione, della ricerca e dell'innovazione, il che comporta enormi svantaggi per alcuni gruppi di persone e industrie. Questa situazione è particolarmente penosa per gli/le* studenti. C'è il rischio che il corpo studentesco svizzero perda il contatto con la ricerca attuale e l'accesso ai programmi di scambio europei. Questa situazione non può e non deve diventare permanente.
Siamo giunt* ad un punto morto?
La sinistra Svizzera si trova di fronte a una grande sfida. Da un lato, le critiche all'UE sono giustificate e necessarie. Nel farlo, è importante distinguersi dalla critica dei partiti conservatori di destra: è fondamentale inserire la nostra critica all'UE in una visione internazionalista coerente e non scadere mai nella critica culturale.
Questa situazione dimostra inoltre che è urgente intervenire, perché la rottura del rapporto con l'UE si riflette sull'economia e sulla società. I vantaggi della Svizzera rispetto all'UE sono innanzitutto i suoi strumenti di democrazia diretta. Beneficiamo anche delle misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone. Inoltre, in Svizzera vige ancora una certa protezione dei servizi pubblici. Nell'UE gli aiuti di Stato sono più limitati. In Svizzera, un numero relativamente alto di istituzioni è ancora in mano pubblica (elettricità, trasporti pubblici, sanità, istruzione). Tuttavia, bisogna anche riconoscere che nel nostro Paese prevalgono le tendenze neoliberiste allo smantellamento dei servizi pubblici e dei servizi di base.
La GISO riconosce che il margine di manovra nei confronti dell'UE è relativamente ridotto in quanto paese integrato ma non membro. I trattati e l'adozione di leggi possono essere ritardati e perfezionati sulla base di referendum, ma la Svizzera non può ritirarsi da queste linee guida. Tuttavia, è impossibile ritirarsi da questa rete di dipendenze, accordi e vicinanza geografica.
La GISO si impegna quindi per un rafforzamento dell'internazionalismo europeo nella sinistra, che influenzi la politica dell'Unione Europea attraverso le lotte delle persone lavoratrici tramite gli scioperi, strategie interne alla sinistra interna e la cooperazione.
4. La crisi climatica e l'UE: un esempio della necessità di un'azione coordinata
Essendo la più grande sfida della nostra epoca, la politica climatica deve essere collocata anche nel contesto della questione europea. La GISO sostiene chiaramente l'azzeramento delle emissioni di CO2 entro il 2030 e valuta ogni azione di politica climatica nel contesto di questo obiettivo. Inoltre, la GISO crede fermamente nel concetto di "system change not climate change": la lotta contro la crisi climatica deve essere sempre anticapitalista e per il 99%, perché è il capitalismo che ci ha portato a questa situazione. L'UE, in quanto organizzazione sovranazionale, ha una responsabilità particolare nella lotta alla crisi climatica. Non solo perché dispone dei mezzi finanziari e tecnici necessari, ma anche perché è indiscutibile che i tempi in cui la politica climatica era efficace esclusivamente a livello nazionale sono finiti. L'Europa, in quanto centro di prosperità nel mondo, ha anche una responsabilità molto maggiore rispetto al Sud globale, sfruttato, nell'implementare soluzioni alla crisi climatica. Lo stile di vita e di produzione europeo, che si basa sullo sfruttamento del Sud globale, dimostra che l'Europa ha un dovere particolare di combattere la crisi climatica.
In linea di principio, si può riconoscere che negli ultimi anni l'UE ha compiuto uno sforzo relativamente importante nella lotta alla crisi climatica nel contesto politico globale. Tuttavia, ciò non è sufficiente, siccome l'UE e i suoi Stati membri hanno comunque una responsabilità considerevole a causa delle loro elevate emissioni di CO2 nonostante la popolazione ridotta, così come della delocalizzazione delle industrie nel Sud Globale. Perciò, nella lotta alla crisi climatica, l'UE non si spinge abbastanza lontano e, a causa del suo DNA neoliberale, non è in grado di fermare la crisi andando in una direzione di maggiore giustizia climatica. Le misure presentate nel contesto del Green Deal europeo, come lo scambio di emissioni, la strategia del "de- risking” (14) o la tassonomia recentemente rivista delle attività economiche "ecologiche", continuano a operare nel quadro ristretto di un'attività economica orientata al profitto e quindi allo sfruttamento di individu* e del lor luogo di vita. Le questioni di giustizia sociale sono affrontate solo marginalmente (15). Tuttavia, la politica climatica dell'UE è oggi più progressista di quella della Svizzera e di molti altri Paesi. Il Green Deal europeo, nell'ambito della politica climatica europea, dovrebbe tracciare la strada verso lo zero netto nel 2050. In questo contesto, la Commissione europea ha presentato il pacchetto "Pronti per il 55%", che prevede misure per ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto al 1990.
Lo strumento principale della politica climatica europea è lo scambio di emissioni. Ciò comporta l’assegnamento di quote di emissione (16) in numero limitato e il loro successivo scambio sul mercato. A questo sistema partecipa anche la Svizzera, che finge di adottare misure di protezione del clima. Questo sistema contribuisce in minima parte alla riduzione dei gas serra e copre meno della metà dei gas dannosi per il clima. D'altra parte, si basa su una strategia puramente di mercato, che chiaramente mette il profitto al di sopra del bene comune. Ciò non risolve né le questioni climatiche né quelle legate alla giustizia sociale.
Un'evoluzione importante nella politica climatica europea è la recente decisione del Parlamento europeo sul regolamento sulla tassonomia. La tassonomia definisce quali attività economiche devono essere classificate come sostenibili dal punto di vista ambientale per determinare la sostenibilità di un investimento. Tuttavia, nel luglio 2022, il gas e l'energia nucleare sono stati aggiunti retroattivamente all'elenco delle opportunità di investimento sostenibili, il che rappresenta un devastante passo indietro.
Una critica importante alla politica climatica dell'UE è legata alla visione dell'approvvigionamento energetico nelle mani private delle multinazionali. È necessario un controllo democratico sull'approvvigionamento energetico sostenibile, che metta il clima al di sopra dei profitti delle grandi imprese.
Un altro fattore importante è il trasporto, che è responsabile di una grande percentuale di emissioni di gas serra. Gli accordi di libero scambio sono il fattore trainante e devono quindi essere combattuti nella loro forma attuale (ad esempio gli accordi TTIP/TiSA).
Un ulteriore motore della crisi climatica, il settore agricolo, è controllato da poche grandi aziende. Lo squilibrio di potere tra le imprese e persone lavoratrici e consumatrici è enorme. Di conseguenza, le aziende agricole più piccole vengono estromesse dal mercato, i diritti umani e animali vengono sistematicamente violati, le carestie imperversano nel Sud globale a causa dello sfruttamento della politica agricola fondiaria e della speculazione alimentare, e la crisi climatica avanza ulteriormente. L'UE persegue la politica agricola, una delle sue aree politiche più datate, sotto il nome di Politica Agricola Comune (PAC). Il Parlamento europeo ha adottato le nuove linee guida della PAC per il periodo 2021-2027, mettendo fortemente in discussione gli obiettivi del Green New Deal. L'attenzione della politica agricola europea deve essere rivolta alle aziende agricole di piccole e medie dimensioni e a quelle con una struttura diversificata.
In sintesi, si può affermare che l'UE sta facendo troppo poco per combattere la crisi climatica. Inoltre, non si può dire che l'attuale politica climatica dell'UE, abbia qualche chance di riuscire. Gli Stati membri sono infatti favorevoli al carbone, all'industria automobilistica: il rafforzamento dei partiti della destra populista in Europa sono ostacoli importanti. Dal punto di vista di una politica climatica anticapitalista, l'UE, in quanto comunità di Stati focalizzata solo sull'integrazione economica neoliberale, non potrà mai fare abbastanza. La pressione internazionale sugli Stati membri, ma anche sulle istituzioni dell'UE, deve essere rafforzata in modo massiccio. La politica climatica europea deve abbandonare completamente i principi neoliberali e seguire le richieste del movimento per il clima e le analisi climatiche dell'IPCC. L’ambiente deve essere posto al di sopra dei profitti, in modo socialmente giusto e radicale.
La GISO avanza pertanto le seguenti richieste in materia di politica climatica europea:
- massicci investimenti nelle energie rinnovabili e la lotta all'energia nucleare e al gas.
- una conversione verso mezzi di trasporto più rispettosi dell'ambiente nel lungo periodo, l'uso di tecnologie più efficienti dal punto di vista energetico e senza aumentare in modo massiccio il consumo di energia e, parallelamente, una riduzione delle esigenze di trasporto internazionale.
- una politica agricola rispettosa del clima, con investimenti in una ristrutturazione dell'agricoltura che contribuisca efficacemente agli obiettivi ambientali, di benessere animale e del clima.
- Regole chiare per le aziende e meccanismi di controllo.
- Sostegno finanziario e logistico ai paesi del Sud globale nella lotta contro la crisi climatica e nello sviluppo delle energie rinnovabili, senza alcun impegno da parte di questi paesi al di fuori del settore climatico.
5. Qual è il futuro prossimo delle nostre relazioni con l'UE?
La GISO Svizzera non può evitare di prendere posizione sull'UE, non solo per la posizione geografica e la dipendenza economica della Svizzera, ma per la nostra convinzione internazionalista di voler lottare per tutti i popoli, non solo per quello svizzero. Troppo spesso, oggi, le discussioni politiche sull'UE sono accolte con una sensazione di indipendenza e di non coinvolgimento. Non di rado, questo sentimento è incorporato in un nazionalismo che è prevalente tra i partiti e movimenti dell'estrema destra. Ma la sinistra si nasconde dietro il rifiuto delle istituzionineoliberali e antidemocratiche dell'UE, impedendo così una vera riflessione sugli approcci internazionalisti alla trasformazione politica. Bisogna anche riconoscere che in molti settori la Svizzera non è migliore dell’UE, come ha dimostrato questa analisi.
L’analisi proposta mette in discussione l'UE nel suo complesso. La mancanza di democrazia, il neoliberismo e la disfunzionalità riducono la volontà di difendere l'UE. Tuttavia, sono proprio gli sviluppi neoliberali a partire dagli anni '80 a essere evidenti anche in Svizzera, poiché si tratta di un problema globale e non specifico dell'UE. È inoltre importante riconoscere che l'attuale natura del rapporto con l'UE porta all'adozione di misure prevalentemente neoliberali piuttosto che progressiste. La questione dell'adesione merita quindi di essere sollevata in linea di principio: è una questione di internazionalismo sul lungo termine, che deve essere sviluppata come presentato nell'analisi, così come è una questione di solidarietà con le intere popolazioni europee che non beneficiano di un tenore di vita privilegiato come il nostro.
Il timore paralizzante di una discussione sulla questione di un'eventuale adesione all'UE da parte della sinistra svizzera impedisce di prendere una posizione dettagliata sull'UE e la pone in una posizione attendista e passiva. Come GISO, la nostra lotta principale non deve concentrarsi sulle modalità del rapporto Svizzera-UE, ma sulla lotta contro il potere e per una sinistra europea forte e ambiziosa. Dobbiamo lavorare con i partiti di sinistra e i movimenti sociali in tutta Europa. Solo una sinistra rafforzata a livello europeo avrà davvero il potere di realizzare i nostri obiettivi. E solo una sinistra europea unita può sviluppare una visione a lungo termine per l'Europa e darle forma insieme.
Pertanto, a breve e medio termine, chiediamo al Consiglio federale di sostenere le seguenti richieste in tutte le fasi future delle relazioni diplomatiche tra la Svizzera e l'UE:
- Politica sociale: adozione della Cittadinanza dell’Unione europea, estensione delle competenze dell'UE in campo sociale;
- Politica economica e finanziaria: tassazione delle imprese (adozione della riforma OCSE a partire dal 2023), modifica della giurisprudenza a favore delle misure sindacali e prevenzione della concorrenza fiscale internazionale;
- Protezione dei salari: salari minimi in tutta Europa, se non sono state trovate norme più efficaci come ad esempio nei Paesi nordici, protezione de* lavoratori/trici*;
- Democrazia: abolizione dell'obbligo di unanimità, rafforzamento degli strumenti del Parlamento, introduzione dell'iniziativa legislativa (17);
- Servizio pubblico: inversione della logica della privatizzazione, abolizione del divieto di aiuti di Stato;
- Politica climatica: neutralità delle emissioni di CO2 entro il 2030; una politica climatica rigorosa che non ammetta nella sua tassonomia né le centrali a gas né quelle nucleari e che adotti misure più efficaci dello scambio di certificati di emissione;
- Politica migratoria: riconoscimento del diritto di asilo, introduzione dell'asilo nelle ambasciate e creazione di vie di fuga sicure, riconoscimento della clausola umanitaria nell'accordo di Schengen/Dublino e ampliamento radicale delle cause di fuga riconosciute.
In caso di adesione della Svizzera all'UE, la GISO ritiene che il mantenimento della democrazia diretta e dei diritti delle persone lavoratrici, come la tutela dei salari e dei licenziamenti, nonché la salvaguardia dei servizi pubblici (trasporti pubblici, sistema energetico, ecc.) siano condizioni preliminari non negoziabili per l'adesione. Tuttavia, questa non è la fine della lotta. L'obiettivo finale dell'Europa unita deve essere e rimanere una vita buona e socialmente giusta per tutta la popolazione europea.
6. La nostra visione per un’Europa sociale, democratica ed Ecologica
Il Manifesto di Ventotene è la base della visione di una futura Europa socialista. Il documento delinea l'ideale di un federalismo europeo. Gli autori dell'epoca consideravano la sovranità degli Stati nazionali la causa della Seconda guerra mondiale e chiedevano quindi la creazione di uno Stato federale europeo da parte di un movimento rivoluzionario per preservare la pace e la libertà. Il Manifesto si basa su idee economiche socialiste e comuniste. Si tratta di uno dei documenti più importanti di documenti relativi ad una possibile unione europea.
La GISO si basa su questo documento siccome è internazionalista e rifiuta in linea di principio il concetto di Stato nazionale. Tuttavia, riconosciamo le specificità regionali sulle quali un’autorità geograficamente limitata dovrebbe essere in grado di decidere autonomamente. In questo senso, la GISO rifiuta l'attuale supremazia degli interessi nazionali degli Stati membri dell'UE se non corrispondono agli interessi collettivi. Piuttosto, gli interessi della popolazione europee dovrebbero essere rappresentati. Vogliamo un'Europa sociale, democratica, femminista, ecologica e antirazzista e crediamo che questa visione possa essere realizzata al meglio attraverso la costruzione di un'Europa federale.
In quanto partito socialista, la GISO si impegna nell'obiettivo di rivoluzionare la società. Per questo sosteniamo la seguente analisi del Manifesto:“La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita”.Sia il Manifesto che la GISO sono convinti che il prerequisito fondamentale per un'Europa socialista unita sia la creazione di un movimento rivoluzionario europeo. Come affermato anche nell'analisi politico-istituzionale, l'unico potenziale risiede in una sinistra europea unita. Ciò non significa che debba esistere un'unica organizzazione, ma che tutti i movimenti e i partiti di sinistra devono unire le forze e concordare un percorso e una visione comune. La forza di questo movimento dovrebbe risolvere la paralisi della sinistra e dello Stato-nazione, e offrire una stabilità indipendente dai processi dei singoli stati. Per questo motivo, la GISO Svizzera intende allearsi con tutte le forze di sinistra europee nell'elaborazione di richieste comuni e nell'organizzazione per la creazione di un'Europa socialista. In termini concreti, ciò significa:
- Diffondere la nostra analisi dell'UE e difendere la nostra visione all'interno dello YES
- Collaborazione e partecipazione al network di organizzazioni e movimenti sindacali, femministi ed ecologisti al di fuori dello YES
- Formare alleanze, elaborare richieste comuni e organizzare azioni, manifestazioni e scioperi a livello europeo.
Un'altra importante intuizione del Manifesto sulla strada verso l'Europa socialista è: "Il potere si consegue e mantiene non semplicemente con la furberia, ma con la capacità di rispondere in modo organico e vitale alla necessità della società moderna". In altre parole, dobbiamo creare una nuova visione.
Un'Europa socialista è un'Europa costruita nell'interesse del 99%, in armonia con i limiti della natura. A tal fine, è necessario soddisfare i bisogni fondamentali di tutte le persone. Per rendere tutto questo possibile, è necessaria una pianificazione democratica dell'economia a livello europeo. Questo dovrebbe avvenire attraverso un coordinamento di piani regionali: le strutture sociali a livello locale e regionale rimarrebbero quindi autonome. Questi piani devono rispondere democraticamente alle esigenze regionali e decidere quali beni e servizi produrre e in quali quantità. Tuttavia, dovrebbe essere possibile portare avanti progetti comuni anche a livello continentale. A tal fine, è necessario creare istituzioni democratiche in cui rappresentanti di tutte le autorità locali possano partecipare al processo decisionale. Tuttavia, ogni autorità locale dovrebbe avere la possibilità di non partecipare a un determinato progetto. Pertanto, questa visione riflette in un certo senso anche l'obiettivo di un'Europa federale fissato dal Manifesto di Ventotene.
Per creare un'Europa di questo tipo, dobbiamo cambiare radicalmente la società. In particolare, dovrebbero avvenire le seguenti trasformazioni:
- La collettivizzazione delle di una certa dimensione e la conseguente collocazione di esse sotto il controllo democratico delle persone lavoratrici.
- Trasformazione dell'economia verso un'economia pianificata democratica e rispettosa del clima.
- L'espropriazione della terra e la sua ridistribuzione in condizioni di organizzazione cooperativa e sociale.
- La collettivizzazione e l’organizzazione democratica dei settori del lavoro di cura, non basata sulle diverse realtà lavorative delle aree.
- Una riduzione radicale dell'orario di lavoro, la garanzia del posto di lavoro e un reddito di base generoso.
- Il rafforzamento costante del servizio pubblico (istruzione, sanità, ecc.) e delle assicurazioni sociali.
- L’abolizione di tutte le frontiere e libera circolazione per tutt*.
- La creazione di strutture democratiche di base a livello locale, che si occupino della pianificazione economica e dell'organizzazione della società.
- La costruzione di istituzioni democratiche a livello europeo che consentano il coordinamento tra i livelli locali e il perseguimento di progetti comuni.
Dobbiamo costruire un'Europa sociale in un mondo socialista. Vogliamo un'Europa federale che rispetti le decisioni prese democraticamente a livello locale, ma che allo stesso tempo permetta il coordinamento tra questi livelli e il perseguimento di progetti a livello continentale. Per poterlo fare, dobbiamo costruire legami con tutte le organizzazioni e i movimenti che lottano per una trasformazione della società. Dobbiamo sviluppare richieste e strategie comuni, e dobbiamo lottare insieme per lo stesso obiettivo: una buona vita per tutt*. In breve, dobbiamo adottare la conclusione del Manifesto del Partito Comunista: "Proletari di tutti i paesi, unitevi!”
Note a piè di pagina
(1) Iniziativa contro l’immigrazione di massa (2014, accettata), Iniziativa per l’attuazione (2016, rifiutata), Iniziativa per l’autodeterminazione (iniziativa contro i diritti umani, 2018, rifiutata), Iniziativa “Per un’immigrazione moderata” (2020, rifiutata).
(2) https://juso.ch/it/posizioni/stop-allo-sfruttamento-del-sud-globale/
(3) posto al di sopra delle istituzioni nazionali
(4) https://www.touteleurope.eu/fonctionnement-de-l-ue/union-europeenne-faut-il- abandonner-le-vote-a-l-unanimite/
(5) Il Consiglio d'Europa non è una delle istituzioni dell'UE e si concentra sulla tutela dei diritti umani. La Svizzera ne fa parte.
(6) https://transparency.eu/who-has-been-lobbying-the-european-commission/
(7) Art. 119, Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, (https://dejure.org/gesetze/AEUV/119.html)
(8) https://www.cairn.info/revue-de-l-ires-2018-3-page-7.htm
(9) https://asile.ch/2022/04/05/no-frontex-la-poudre-aux-yeux-le-systeme-de- responsabilite-de-frontex/
(10) Il Partito del Socialismo Europeo (PSE), ad esempio, ha sostenuto l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, anche se esso garantisce che "la concorrenza non verrà distorta" e limita il bilancio dell'UE all'1,27% del PIL europeo, limitando così le possibilità di migliorare la vita della popolazione europea.
(11) Le misure di accompagnamento tutelano le condizioni di lavoro in Svizzera. Sono destinate a prevenire il dumping salariale e le condizioni di lavoro abusive. La regola è che chiunque lavori in Svizzera deve lavorare alle condizioni svizzere. Se vengono scoperti casi di dumping salariale o di mancato rispetto delle condizioni di lavoro, entrano in gioco diverse misure per sanzionare chi effettua le violazioni.
(12) La clausola ghigliottina è una clausola che può essere inserita in un pacchetto contrattuale. La legge stabilisce che se un accordo viene infranto o dichiarato nullo, l'intero pacchetto di accordi diventa nullo.
(13) L’iniziativa contro l’immigrazione di massa chiedeva, tra le altre cose, un sistema di quote per l'immigrazione e un numero massimo di stranier* che lavorassero in Svizzera. Questa legge ha dato origine alla cosiddetta "priorità ai cittadini svizzeri", che prevede una preferenza xenofoba per lavoratori/trici* svizzer*.
(14) Con de-risking si intende il meccanismo per il quale il settore pubblico si assume il rischio economico degli investimenti privati per renderli più attraenti, invece di effettuare gli investimenti come settore pubblico stesso. Il de-risking segue la logica "perdite pubbliche, profitti privati".
(15) https://ec.europa.eu/clima/eu-action/european-green-deal/delivering- european-green-deal/social-climate-fund_en
(16) Il diritto di emettere gas a effetto serra come parte di una quantità annuale di emissioni tollerabili.
(17) L'iniziativa legislativa consente alla popolazione di opporsi a modifiche della legge tramite referendum e di apportare modifiche alla Costituzione tramite iniziative. Ciò rafforza la democrazia.