Prospettive femministe per il 99%

06.09.2023

Presa di posizione della GISO Svizzera approvata dell’assemblea de* delegat* del 24 giugno 2023 (Neuchâtel)


Nonostante alcuni successi negli ultimi decenni, le lotte femministe restano fondamentalmente necessarie. I progressi in materia di uguaglianza sono sempre sotto attacco. Negli Stati Uniti o in Polonia, ad esempio, i diritti di autodeterminazione corporea vengono sempre più limitati e l'aborto criminalizzato. Esistono vere e proprie campagne diffamatorie contro le persone trans e leggi che limitano attivamente i loro diritti, ad esempio il diritto delle persone trans nel contesto delle transizioni mediche. Questi sviluppi si possono osservare anche in Svizzera. Sono state lanciate due iniziative per limitare il diritto all'aborto e con l'AVS21 è stata innalzata l'età pensionabile delle persone con indicato il sesso femminile, contro la loro volontà. Chi si batte per l'emancipazione sociale e quindi per i diritti delle persone LGBTQIA*, ad esempio, viene definito "woke" dalla destra reazionaria e liquidato come "pazzo/a" o "nemico/a degli uomini". Un femminismo rivoluzionario è oggi più importante che mai. Dobbiamo unire tutte le lotte perché non saremo liber* finché non lo saranno tutt*. Le persone più potenti della nostra società vogliono dividerci e depotenziarci: la nostra risposta è la solidarietà e la coesione. Stiamo lottando per un mondo giusto, senza strutture di sfruttamento e discriminazione, e lo faremo nel corso della nostra vita!

Le/i* pionier* del femminismo hanno svolto un lavoro enorme. Hanno lottato per il suffragio femminile, per il diritto all'aborto e per molti altri diritti fondamentali di autodeterminazione e progresso emancipatorio. Il cammino verso una società egualitaria è ancora lungo e i progressi sono oggi lenti. Oggi in Svizzera esiste ancora un divario retributivo tra i sessidel 18%(1), e nel complesso le donne* hanno un reddito inferiore del 43% rispetto agli uomini.(6) La maggior parte del lavoro di cura non retribuito è svolto da persone FLINTA e le donne* sono spesso povere in età anziana. L'esistenza delle persone non binarie non viene riconosciuta e viene commesso un femminicidio ogni due settimane.(2) Questi sono solo alcuni sintomi delle strutture patriarcali prevalenti.[15] Inoltre, dopo l'apice della pandemia di COVID, i progressi in materia di uguaglianza di genere sono stati annullati o rallentati enormemente in molti settori.(3) Non accetteremo tutto questo: è giunto il momento di cambiare la società. Questa presa di posizione deve essere il fondamento della nostra visione di una rivoluzione femminista. Per poter condurre questa lotta in modo adeguato, dobbiamo riconoscere e dare un nome alle strutture patriarcali. Ciò richiede un'analisi appropriata. In questo documento osiamo tentare un'analisi di questo tipo.[1] Tuttavia, questa analisi non vuole essere statica, ma si svilupperà ulteriormente insieme al movimento femminista. Conosciamo l'obiettivo, ora dobbiamo essere in grado di indicare la strada per raggiungerlo.

Gli/le attivist* e di sinistra sono diversi per età, genere e forma di coinvolgimento, che si tratti di partiti, associazioni o movimenti sociali. Tutt* lottano per la liberazione delle persone FLINTA, ma spesso sono costrett* a un conflitto artificiale: quello della gerarchizzazione dei problemi. Ad esempio, la lotta per il potere d'acquisto delle famiglie viene contrapposta alla lotta per le condizioni di vita delle persone queer, che viene poi liquidata come politica identitaria. Tuttavia, questa divisione in problemi "sbagliati" e "giusti" è una rappresentazione messa in scena dalla destra, proprio come il conflitto sulla visibilità o sulle risorse disponibili. La nostra lotta deve perseguire un obiettivo comune: combattere un sistema economico basato sullo sfruttamento delle persone FLINTA all'interno del modello familiare eterosessuale e dipendente da rigide categorie di genere, e rovesciare il patriarcato. È quindi nostra responsabilità unire le forze per organizzare l'offensiva femminista e anticapitalista.

Nel 2019, siamo riuscit* a mobilitare oltre 500.000 persone che sono scese in piazza per le cause femministe il 14 giugno. Quattro anni dopo, i progressi sono limitati. Il patriarcato opprime le persone FLINTA da troppo tempo, questo stato di cose deve finire e vogliamo ottenere ciò che ci spetta di diritto: libertà e giustizia.

Il patriarcato ieri e oggi

Stiamo lottando per superare il patriarcato, ma cosa intendiamo con questo termine? È una domanda che dobbiamo necessariamente porci. Sembra impossibile trovare una definizione univoca e diventa subito chiaro che teoric*, politic* e accademic* intendono questo termine in modo diverso a seconda del tempo e del luogo.(4) Come femminist* di sinistra, ci riferiamo soprattutto alle definizioni della teoria femminista, che cerca di definire questo termine nel modo più completo possibile e applicabile a epoche e luoghi diversi. In questo modo, dovrebbe essere possibile mostrare il maggior numero possibile di forme di oppressione in tutte le società. A livello astratto, secondo la sociologa Sylvia Walby, "patriarchy is a system of social structures and social practices in which men dominate, oppress and exploit women".(5) Poiché il patriarcato ha stabilito la supremazia di una norma ciseterosessuale e maschile, non solo le donne sono oppresse, ma anche tutte le persone che non si conformano a questa norma, ossia le persone lesbiche, gay, bisessuali, trans, inter, non binarie, agender e queer.

Sin dalla nascita del patriarcato, c'è sempre stata anche una resistenza ad esso. Nel corso della Rivoluzione francese, gli ideali di "libertà, uguaglianza e fraternità" erano centrali. Tuttavia, solo gli uomini dovevano essere uguali davanti alla legge, cosa che femministe come Olympe de Gouges criticarono pubblicamente.(7) Non è raro che questo periodo in Europa venga citato come il punto di partenza di iniziative femministe visibili e verificabili. Questo è anche il caso della cosiddetta teoria delle ondate, un modello che oggi viene spesso utilizzato per illustrare gli sviluppi storici del movimento femminista. Essa divide il movimento femminista in tre ondate. Questa teoria delle ondate fornisce una panoramica semplificata delle lotte e delle conquiste del movimento femminista in Europa occidentale e in Nord America a partire dal XIX secolo. Questa teoria ha una validità limitata e si concentra sugli eventi riguardanti le femministe privilegiate bianche del cosiddetto Nord globale, ignorando quasi completamente le lotte delle femministe del cosiddetto Sud globale. In larga misura, questa teoria non si adatta nemmeno ai Paesi europei del blocco orientale, i cui governi facevano affidamento sull'emancipazione femminile per aumentare la forza lavoro. È in questo contesto che alcune delle richieste della seconda ondata occidentale sono state introdotte dai governi del blocco orientale. Ad esempio, la Rivoluzione russa permise non solo l'introduzione del suffragio femminile, una richiesta fondamentale della prima ondata, ma anche l'introduzione del diritto all'aborto, una richiesta tipica della seconda ondata. Tuttavia, questi progressi si sono interrotti sotto Stalin, che si è basato su un modello di famiglia tradizionale, ha reso illegale l'aborto, ha reso più difficile il divorzio e ha criminalizzato l'omosessualità. Altre conquiste solitamente associate alla seconda ondata sono state abolite a partire dagli anni '90, in seguito all'introduzione del capitalismo di mercato e al conseguente rafforzamento delle forze conservatrici di destra in Europa orientale.

Nella prima ondata, le femministe hanno combattuto principalmente per i diritti civili e politici, come il suffragio femminile e il diritto di voto. Tra le altre, sono diventate famose le Suffragette[2], un gruppo di femministe che si sono battute per i diritti civili delle donne in Gran Bretagna alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo. In Svizzera, alla fine del XIX secolo, ci furono gli inizi di un movimento di donne organizzato sotto forma di organizzazioni femminili. Esse intervennero - per lo più invano - nelle revisioni della Costituzione e del diritto privato in attesa di migliorare il loro status civile e la loro capacità di agire.(8) Negli ultimi decenni del XIX secolo e nei primi decenni del XX secolo sono nate diverse associazioni femminili a livello nazionale.[3] Nel contesto della revisione totale della Costituzione federale del 1874, esse si batterono per l'uguaglianza delle donne nel diritto civile e del lavoro, ma non ebbero successo e si sciolsero nuovamente poco dopo. Oltre alle associazioni femminili dell'alta borghesia, fedeli allo Stato, si rafforzò presto il movimento operaio, in cui anche le donne si impegnarono attivamente, sebbene anche le strutture di partito e sindacali fossero fortemente dominate dagli uomini.[4] Numerose donne del movimento operaio e della socialdemocrazia parteciparono allo sciopero nazionale del 1918, tra cui la socialista Rosa Bloch, unica donna del comitato d'azione di Olten. La richiesta del suffragio femminile divenne una delle principali rivendicazioni dello sciopero nazionale.(9) L'introduzione del suffragio femminile nel 1971, tuttavia, richiese molto più tempo rispetto ad altre richieste del Comitato d'azione di Olten: la settimana di 48 ore fu approvata nel 1919/20 e solo poche settimane dopo lo sciopero nazionale iniziarono i lavori per l'introduzione dell'assicurazione per la vecchiaia e i superstiti (AVS).(10) Con la crisi economica della fine degli anni Venti e la crescente minaccia del fascismo, si sviluppò un più forte conservatorismo sociale in cui le preoccupazioni femministe ebbero vita difficile.

Gli anni '60 segnano l'inizio della seconda ondata. Il movimento femminista prese slancio e fece alcuni progressi significativi. Tra i temi attuali vi erano la gravidanza, l'aborto, la sessualità e la violenza contro le donne. La lotta per i diritti individuali rimase dura, ma progredì costantemente. Ad esempio, l'articolo sull'uguaglianza è stato incorporato nella Costituzione federale il 14 giugno 1981[5], ma per il congedo di maternità e l'aborto non punibilesi dovette ancora attendere 20 anni.

Nonostante queste conquiste, gran parte di questo movimento femminista in Europa e in Svizzera ha sostenuto principalmente le preoccupazioni delle donne bianche e cis della classe media. Accanto a questo femminismo esclusivo, sono emersi diversi femminismi intersezionali che non escludevano dal loro femminismo le donne di colore, le donne trans e le donne lesbiche. Purtroppo, questi femminismi esclusivi risuonano ancora oggi e si riflettono, ad esempio, nel movimento TERF.

Nonostante le sconfitte e i faticosi progressi, il movimento femminista ha continuato a lottare. Dieci anni dopo l'adozione dell'articolo sull'uguaglianza, il 14 giugno 1991, in occasione dello sciopero delle donne, le femministe* hanno organizzato il maggior numero di partecipanti ad una manifestazione dai tempi dello sciopero generale del 1918.(11) Circa 500.000 persone FLINTA e numerosi uomini cis[6] solidali sono sces* in piazza per lottare per rivendicazioni come la parità salariale e la conciliazione del lavoro domestico e retribuito. La depenalizzazione dell'aborto è stata approvata con un referendum nel 2002, così come il modello di assicurazione di maternità nel 2004. Con questi progressi, l'uguaglianza legale (ma non sociale) tra uomini e donne è stata parzialmente raggiunta, motivo per cui la convinzione che il femminismo avesse raggiunto i suoi obiettivi e fosse obsoleto si è diffusa rapidamente tra la popolazione e nel femminismo liberale. L'uguaglianza legale per le persone genderqueer e trans è infatti ancora lontana. In resistenza a ciò, negli anni '90 è emersa la terza ondata del movimento femminista che si è opposta a questo antifemminismo e ha portato avanti le idee della seconda ondata adattandole alle circostanze moderne.

Con lo sciopero femminista del 2019, circa 30 anni dopo il primo sciopero delle donne, si è assistito a un risveglio e a un rafforzamento del movimento femminista in Svizzera. Il 14 giugno 2019, le rivendicazioni "Salario, tempo, rispetto" hanno costituito una base comune per le decine di collettivi di sciopero locali, i sindacati e i partiti di sinistra, che sono stati ancora una

volta in grado di mobilitare circa mezzo milione di persone in piazza. Anche grazie a questa mobilitazione, diverse lotte femministe in politica e in economia hanno preso ulteriore slancio. Attraverso il lavoro e la creazione di reti nei collettivi, il processo e la lotta per un femminismo intersezionale che non tenga conto solo delle donne bianche e borghesi cis hanno acquisito importanza nel movimento femminista in Svizzera.

Patriarcato e capitalismo: un legame indissolubile

A questo punto, è necessario affermare che non esiste un solo femminismo, ma piuttosto diversi femminismi e correnti femministe, che possono differire in modo sostanziale. Mentre i femminismi liberali, ad esempio, non vogliono cambiare le relazioni di dominio esistenti, il femminismo socialista e marxista vuole superare tutte le strutture di oppressione e sfruttamento, compreso il capitalismo.

Nelle correnti femministe socialiste esistono diverse teorie sull'emergere del patriarcato e sul legame tra capitalismo e patriarcato. Una questione fondamentale è se il patriarcato sia un sistema indipendente all'interno del capitalismo. Si possono descrivere diversi fenomeni sociali in cui esiste una connessione tra capitalismo e oppressione di genere. Trovare una spiegazione teorica del perché esista un legame tra capitalismo e oppressione di genere in generale si rivela più difficile. Le seguenti teorie di sinistra del femminismo avanzano ipotesi diverse al riguardo:

Secondo la teoria del sistema duale o triplo (dual or triple system theory), le relazioni di genere sono un sistema indipendente. Questo sistema di relazioni di genere è intrecciato con il capitalismo. L'intreccio tra capitalismo e relazioni di genere crea un'interazione. Ciò significa che le relazioni di genere influenzano le relazioni di classe e viceversa.

Questa teoria esprime una comprensione strettamente economica delle relazioni di classe. Solo l'interazione con il patriarcato e il razzismo conferisce alle relazioni di classe una dimensione che va oltre lo sfruttamento puramente economico.(12)

L'ipotesi del "capitalismo indifferente" presuppone che l'oppressione e la disuguaglianza di genere siano un residuo di un'epoca precedente. Secondo questa teoria, l'oppressione e la disuguaglianza di genere derivano dall'organizzazione patriarcale della produzione, che ha portato a una rigida divisione del lavoro tra i sessi. Secondo questa teoria, il capitalismo è indifferente al patriarcato e potrebbe fare a meno dell'oppressione di genere. Secondo questa teoria, il capitalismo utilizza la disuguaglianza di genere quando gli è utile e la mette in crisi quando gli è dannosa.

La teoria unitaria femminista di sinistra (unitary theory) parte da un presupposto corretto: i sistemi patriarcali non esistono nel capitalismo in modo completamente indipendente dal sistema economico. La teoria unitaria non spiega l'oppressione di genere in termini puramente economici né la vede come una conseguenza diretta e meccanica del capitalismo. Nella teoria unitaria, il capitalismo non è visto solo come un sistema economico, ma come un sistema sociale comp lesso e articolato che porta con sé relazioni di sfruttamento, dominio e alienazione. L'accumulazione e lo sfruttamento capitalistico portano costantemente all'emergere, al mantenimento e alla trasformazione di relazioni gerarchiche e forme di oppressione. Di conseguenza, il superamento del capitalismo non è sufficiente per distruggere anche le strutture patriarcali.

L'interconnessione tra capitalismo e patriarcato può essere vista, tra l'altro, nelle dinamiche del lavoro di cura, la maggior parte del quale è svolto dalle donne. Il lavoro di cura non retribuito o scarsamente retribuito, come allevare bambin*, assistere persone malate e anziane, svolgere lavori domestici, cucinare, pulire, è necessario per la sopravvivenza del capitalismo.

Marx ipotizzava che quello che chiamava "lavoro riproduttivo" servisse principalmente a mantenere il lavoro salariato: una società capitalista ha bisogno del lavoro riproduttivo per "mantenere" la popolazione attiva e permettere alle altre persone di lavorare.Poiché nelle sue opere Marx ha posto le basi per l'analisi del funzionamento della società capitalista, la conseguenza dello spostamento del lavoro riproduttivo nella sfera privata, ossia la sua mancanza di riconoscimento sociale, manca nella sua analisi. È chiaro, tuttavia, che il lavoro di cura non è affatto ai margini del sistema capitalista, ma fa parte delle sue fondamenta. Il capitalismo non può esistere senza il lavoro di cura non retribuito.[7]

L'economista femminista Mascha Madörin ha dimostrato che in Svizzera, non diversamente dall’estero, il lavoro di cura non retribuito supera di gran lunga il lavoro retribuito. Se la maggior parte delle donne che svolgono questo lavoro di cura fosse pagata al tasso di mercato, costerebbe 242 miliardi di franchi.(13) Ciò corrisponde a circa un terzo del PIL. Capitalismo e patriarcato dipendono l'uno dall'altro, ma l'abolizione del capitalismo non significa automaticamente la liberazione di tutti i generi. Infatti, una lotta che ruota solo intorno al lavoro salariato è reazionaria e porta solo alla liberazione di coloro che sono già nella posizione relativamente privilegiata di ricevere denaro per il proprio lavoro.

Le soluzioni fasulle del femminismo borghese

Il femminismo borghese vede la risposta al problema della divisione del lavoro di cura nell'allocazione individuale del tempo.(14) In questo contesto, il femminismo borghese fa spesso affidamento sull'esternalizzazione del proprio lavoro di cura, come le pulizie, l'educazione dei figli e le faccende domestiche, a dipendenti privat*. Ma le condizioni di lavoro nel settore dell'assistenza a pagamento sono spesso precarie, l'intero settore dell'assistenza è colpito da una grave carenza di personale e da un massiccio aumento dei prezzi. Il trasferimento del lavoro di cura alle lavoratrici meno retribuite è uno dei fondamenti del femminismo borghese, che stabilisce gerarchie tra le donne che possono permettersi di raggiungere l'uguaglianza economica e sociale con gli uomini all'interno di un sistema capitalistico e quelle che non possono farlo. Oltre alle cattive condizioni di lavoro, il settore dell'assistenza impiega spesso persone migranti e sans-papiers che si trovano in una situazione ancora più precaria. Molte donne* Sans-Papier lavorano in case private.(15) La criminalizzazione dovuta al loro inesistente status di residenza espone in particolare le donne* sans-papier a condizioni di lavoro illegali e a un palese sfruttamento, da cui difficilmente possono difendersi.

Il femminismo borghese considera un grande progresso femminista il fatto che l'occupazione femminile è aumentata costantemente a partire dagli anni Settanta. Anche se questo ha portato a una maggiore indipendenza finanziaria per molte donne* e quindi a una maggiore libertà sociale, questo sviluppo deve essere analizzato in modo critico.(16) Anche se le donne sono oggi sempre più occupate, la maggior parte di loro lavora a tempo parziale e si trova quindi in un rapporto di lavoro svantaggioso. Inoltre, le donne* che lavorano oggi si trovano di solito ad affrontare un enorme doppio onere: la quantità di lavoro di cura non retribuito che svolgono è quasi invariata e la quantità totale di lavoro non retribuito e retribuito svolto è corrispondentemente più alta. Nel 2020, le donne* in Svizzera hanno guadagnato in media 1.500 franchi svizzeri pro capite al mese in meno rispetto agli uomini.(17) Anche l'"Ufficio federale per l'uguaglianza di genere" distingue spesso tra una quota "spiegabile" e una "non spiegabile" del divario salariale. La cosiddetta differenza salariale "spiegabile" deriva dal fatto che molte donne* lavorano in settori come la sanità e guadagnano meno, che molte donne lavorano a tempo parziale e che molte professioni del settore a basso salario hanno spesso una tradizionale connotazione femminile, come ad esempio il commercio al dettaglio, la ristorazione, l'industria delle pulizie e le professioni infermieristiche. Al contrario, non si possono spiegare solo le differenze salariali tra donne* e uomini che svolgono lo stesso lavoro. Queste "spiegazioni logiche" sono dovute a strutture patriarcali di discriminazione. Che siano spiegabili o meno, le differenze salariali non sono giustificate. Pertanto, questa distinzione statistica è problematica. Il fatto che più della metà delle donne* lavoratrici lavori a tempo parziale, di fronte al solo 20% degli uomini, non è una coincidenza: le donne si assumono ancora la responsabilità principale della cura dei figli e della casa.

La logica conseguenza del divario salariale è quindi anche un divario pensionistico, il cosiddetto "Gender Pension Pay Gap". La logica conseguenza del divario salariale è quindi anche un divario pensionistico, il cosiddetto "Gender Pension Pay Gap". Questo divario colpisce in modo particolare le persone multidiscriminate: le persone immigrate che non hanno potuto versare i contributi per tutta la loro vita lavorativa in Svizzera o le persone FLINTA con disabilità o malattie croniche che non hanno potuto lavorare per tutta la vita come richiesto da questo sistema, per citare solo due esempi. Spesso sono le casalinghe a poter versare solo un contributo annuale minimo all'AVS e quindi a ricevere una pensione minima o relativamente più bassa. In media, in Svizzera le donne ricevono una pensione inferiore del 37% rispetto agli uomini.(18) Ciò è dovuto principalmente al fatto che le donne possono versare molto meno degli uomini nel secondo pilastro: è più probabile che le donne corrano il rischio di non raggiungere l'importo minimo ("deduzione di coordinamento") di un salario annuale di circa 22.000 franchi svizzeri. Il lavoro a tempo parziale, le interruzioni di carriera e i salari relativamente bassi sono fattori decisivi per i diversi livelli pensionistici. Di conseguenza, le donne in Svizzera sono colpite in modo sproporzionato dalla povertà in età avanzata - anche questa è una conseguenza dell'oppressione strutturale.

Fondamentalmente, il nucleo del femminismo borghese risiede nella dottrina liberale dell'autorealizzazione. Questa avviene a spese delle altre persone e si suppone sia dovuta solo al duro lavoro della persona interessata.

Il femminismo borghese invita quindi le donne a rompere il "soffitto di cristallo" e a raggiungere posizioni di potere proprio come gli uomini. Alle donne vengono proposti esempi di donne di successo come ispirazione, ignorando il fatto che il successo delle donne imprenditrici, ad esempio, si basa sullo sfruttamento di altre persone ed è quindi intrinsecamente accessibile solo a un piccolo gruppo di privilegiat*. Così, il femminismo borghese, lungi dal mettere in discussione le relazioni e le strutture di potere esistenti, promuove l'uguaglianza per le donne che si conformano alla norma egemonica, all'interno di un sistema che rimane capitalista, razzista, eteronormativo e binario.

Prospettive di una società che consideri il lavoro di cura

Per ottenere un'equa distribuzione del lavoro di cura, senza doppi oneri e senza esternalizzazioni, è necessario un cambiamento sistemico. Il lavoro di cura deve uscire dalla responsabilità individuale e diventare un compito sociale. Le condizioni di lavoro precarie nel lavoro di cura retribuito devono essere migliorate in modo massiccio e il sistema di assistenza sanitaria e le strutture di assistenza devono essere ampliate. Progetti come gli alloggi intergenerazionali possono contribuire a collettivizzare il lavoro di cura e a distribuirlo in modo più equo. Ma le strutture e i progetti individuali non sono sufficienti. Il lavoro di cura, sia esso retribuito o non retribuito, richiede un enorme dispendio di tempo. La logica di ottimizzazione e massimizzazione del profitto del capitalismo non può essere applicata al lavoro di cura. Il lavoro di cura è centrale per la qualità della nostra vita e non deve essere ulteriormente individualizzato e privatizzato, ma condiviso.

La collettivizzazione del lavoro di cura deve avvenire attraverso la dissoluzione della famiglia nucleare. In questo modello di famiglia, infatti, l'enorme carico di lavoro che comporta l'educazione di un* o più figli* è distribuito solo tra una o due persone.

Allo stesso tempo, il contesto familiare, che conferisce ai/alle* genitori/trici* un potere assoluto sui/sulle* figli*, è un luogo favorevole agli abusi. La famiglia è uno spazio chiuso in cui viene legittimata la violenza, che va dalla presunta "ordinaria" violenza educativa agli abusi più gravi.

Una società di cura ha bisogno di collettivizzare l'allevamento de* bambin* per consentire ai/alle* genitori/trici* un carico più sopportabile e per permettere ai/alle* bambin* di svilupparsi in uno spazio aperto e benevolo e di essere esposti a molteplici modelli di adult*.

Tuttavia, affinché in futuro questo lavoro di cura non retribuito sia distribuito equamente sulle spalle di tutti i generi, un cambiamento sociale femminista richiede anche un cambiamento radicale dell'economia. Le misure necessarie a questo scopo devono essere dirette contro gli interessi della classe dirigente capitalista. Quindi, per realizzare questa visione, abbiamo bisogno di un ordine economico socialista che funzioni nell'interesse di tutta la popolazione. Allo stesso tempo, stiamo lottando per ottenere questi miglioramenti all'interno del sistema attuale, anche se ciò significa progressi minori rispetto a quelli che potremmo attuare con un'economia democratica. Ciò include misure come la riduzione dell'orario di lavoro senza cambiamenti nella retribuzione, un congedo parentale sufficientemente lungo e pienamente retribuito per tutt* i/le* genitori/trici*, un salario minimo e l'applicazione della parità salariale.[8]

Gli eccessi violenti del patriarcato

Il patriarcato si esprime in varie forme di oppressione e discriminazione, di cui la violenza fisica e psicologica è una delle conseguenze più dirette. All'interno del capitalismo patriarcale, la posizione dominante degli uomini deriva tradizionalmente dal patriarcato salariale. Ciò significa che solo l'uomo ha un lavoro retribuito e il resto della famiglia dipende finanziariamente da lui. Tuttavia, se questo rapporto di dipendenza non è sufficiente a stabilire il dominio dell'uomo all'interno della famiglia, egli può ricorrere alla violenza. La crescente integrazione delle donne nel mercato del lavoro negli ultimi decenni, unita alle crisi economiche che abbiamo vissuto, ha portato a un crollo del patriarcato salariale, il che contribuisce a spiegare perché questa violenza sia oggi così diffusa.

Oltre alle persone FLINTA, anche gli uomini omosessuali, bisessuali e le persone queer sono colpite da forme di violenza patriarcale. Il capitalismo patriarcale si basa anche su una rigida categorizzazione binaria del genere e sull'eteronormatività. Questi generi sono naturalizzati, cioè presentati come naturali, anche se sono il prodotto di una costruzione storica e sociale.

Le pratiche sovversive di genere che sfidano questa naturalità, come l'omosessualità, sono quindi fortemente sanzionate, in quanto minacciano la legittimità del discorso egemonico.

Le donne trans e le persone transfemminili sono particolarmente colpite dalla violenza patriarcale. Come le altre donne, sono considerate dagli uomini come una proprietà a loro disposizione. Ciò è tanto più forte in quanto, essendo le donne trans e le persone transfemminili altamente emarginate e con meno reti di sostegno rispetto alle donne cis, gli uomini sanno di dover affrontare poche rappresaglie se commettono violenza contro di loro.

Allo stesso tempo, in modo simile agli omosessuali, vengono puniti perché la loro semplice esistenza mette in discussione la natura immutabile dell'appartenenza a un genere, e in particolare al genere dominante, gli uomini.

Praticamente tutte le persone FLINTA sperimentano forme di violenza sessualizzata nella loro vita. Ciò include molestie sessuali, violenza di genere e violenza domestica. In uno studio di Amnesty Svizzera, due terzi di tutte le donne* intervistate hanno dichiarato di aver già subito in qualche modo molestie sessuali.(19) Le cosiddette case sicure (chiamate anche rifugi per donne) fungono da luoghi di rifugio e offrono protezione e consulenza alle vittime di violenza fisica, psicologica e/o sessualizzata e sono quindi un importante servizio di intervento in caso di crisi. Oggi, le case rifugio e i rifugi per donne* devono regolarmente respingere le persone a causa della mancanza di spazio e di risorse, dato che in Svizzera sono disponibili solo 300 posti. Questa situazione è insostenibile e viola anche la Convenzione di Istanbul. Il gruppo di esperti del Consiglio d'Europa sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica chiede un massiccio aumento dei finanziamenti alle istituzioni e la creazione di almeno 860 posti nelle case rifugio.(20) Inoltre, è fondamentale che i rifugi siano accessibili a tutte le persone oppresse dal patriarcato, cioè non solo alle donne cis, ma anche alle persone TINA (trans, inter, non-binary e agender). Oggi questo non avviene in molti rifugi e le persone TINA, che sono particolarmente colpite dalla violenza patriarcale, non hanno sufficienti opzioni di supporto a cui ricorrere. Inoltre, solo una casa di accoglienza in Svizzera è priva di barriere architettoniche, il che deve assolutamente cambiare.

La violenza patriarcale e sessualizzata è rilevante per il diritto penale in molte forme, ma solo una frazione di tutt* gli autori/trici* di reati sessuali viene denunciata e condannata per il proprio crimine. La riforma della legge sui reati sessuali, ormai obsoleta, è un passo importante. La legge precedente, infatti, prevedeva che per il reato di stupro o di violenza sessuale la vittima fosse incapace di opporre resistenza, fosse minacciata di violenza o opponesse attivamente resistenza fisica. Tuttavia, questo spesso non è possibile per le vittime, tra le altre cose, a causa del cosiddetto "effetto freezing"[9]. Inoltre, la legge obsoleta si basa su idee superate e patriarcali su cosa si debba intendere per stupro e reati sessuali. In realtà è semplice: gli atti sessuali senza il consenso di tutte le parti coinvolte sono violenza, siccome "solo un sì è un sì"! È importante che questo principio sia sancito dalla legge. Va aggiunto che con la legge precedente, solo le persone con la vulva potevano denunciare uno stupro. Secondo la nuova legge, tutte le forme di penetrazione sessuale contro la volontà di una persona sono riconosciute come stupro.

Tuttavia, i problemi fondamentali nell'ambito della violenza sessualizzata non possono essere risolti solo con le riforme giuridiche. I reati sessuali sono spesso i cosiddetti "reati a quattro occhi". Di conseguenza, le vittime possono difficilmente dimostrare in tribunale ciò che è accaduto e i procedimenti penali per le vittime sono spesso inutili. Inoltre, il processo e il procedimento per i reati sessuali sono solitamente molto stressanti per le persone coinvolte. Le istituzioni statali, come la polizia e la magistratura, riproducono strutture sessiste e patriarcali. Nei procedimenti sessuali, le vittime sono spesso sottoposte a lunghi interrogatori. Questo porta spesso al cosiddetto victim blaming[10], in cui le esperienze delle vittime vengono messe in dubbio e la colpa viene attribuita al loro comportamento. Questi processi possono essere estremamente stressanti e potenzialmente traumatizzanti. È necessario un approccio fondamentalmente diverso da parte delle autorità e della magistratura nell'ambito dei processi per violenza sessuale. Tuttavia, la lotta alla violenza sessualizzata deve essere condotta innanzitutto dalla società. Il problema è sistematico. Rinchiudendo semplicemente i/le* colpevoli, il problema viene falsamente posto a livello individuale. Tuttavia, le violenze sessuali sono figlie di questa società e il problema deve quindi essere affrontato su base sociale. I problemi fondamentali nel campo della violenza sessualizzata e di genere non possono quindi essere risolti dai meccanismi del diritto penale. La nostra critica al sistema penale rimane quindi importante e può essere letta in modo approfondito nelle relative prese di posizione.

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NI UNA MENOS - non una di meno!

In Svizzera, ogni due settimane una persona percepita come donna viene uccisa dal marito, dal partner, dall'ex partner, dal fratello o dal figlio. Ogni settimana, una donna* sopravvive a un tentativo di femminicidio. Tuttavia, le persone percepite come donne e le persone socializzate come donne sono vittime di femminicidio anche al di fuori delle relazioni di coppia. Le statistiche illuminano il cosiddetto "Hellfeld"[11] dei casi noti di violenza e morte; il numero di casi non denunciati è sconosciuto. In Svizzera, non esiste un organismo ufficiale che registri i femminicidi e tenga statistiche sugli omicidi di genere.(21) I femminicidi non sono casi isolati, ma il risultato e la punta dell'iceberg della violenza patriarcale strutturale della nostra società. Le conseguenze di queste strutture sociali patriarcali e misogine[12] si manifestano anche sotto forma di violenza patriarcale organizzata, come nella cosiddetta "communityincel", un'ideologia globale e altamente pericolosa che si è sviluppata da una comunità online collegata a livello internazionale e che fa parte di un più ampio movimento reazionario. Questa comunità celebra apertamente gli atti di violenza contro le persone FLINTA. Inoltre, ci sono stati vari femminicidi e omicidi perpetrati da seguaci della comunitàincel.(22)

Gruppi estremi come gli "incel"[13] diffondono l'idea che il femminismo si sia spinto troppo in là e che gli uomini cis stiano soffrendo a causa di esso. Secondo loro, gli uomini hanno perso la loro (meritata) posizione dominante nella società. La conseguenza di questa perdita di status è la decadenza, la "femminilizzazione" degli uomini cis e la distruzione dell'ordine naturale dei sessi. Gli incel si vedono come i maggiori perdenti e le donne come feroci oppressori che, attraverso il femminismo, negano agli uomini l'accesso alla sessualità, all'amore e all'affetto. Gli incel si allineano e lottano attivamente per un'immagine estremamente tossica degli uomini, in contrasto con i progressi femministi.

La mascolinità tossica può essere descritta come un comportamento maschile che danneggia direttamente o indirettamente tutti* le persone facenti parte della società, includendo tratti e comportamenti come la dominanza e una maggiore propensione alla violenza, alla queerfobia e alla misoginia. Questi comportamenti vengono inculcati e socializzati. Ad esempio, i maschi socializzati imparano che la debolezza, il mostrare emozioni o il chiedere aiuto non sono virili.(23)

Spesso la “mascolinità tossica” deriva anche dall'insicurezza e dal tentativo di conformarsi agli ideali patriarcali di mascolinità. Soprattutto gli uomini eterosessuali cis sono inclini a comportamenti maschili tossici. Anche gli uomini queer possono manifestare comportamenti maschili tossici, ma di solito hanno tendenze meno estreme perché la loro sessualità rompe già con il classico ideale patriarcale di mascolinità. A soffrire delle conseguenze della mascolinità tossica non sono solo le persone FLINTA, ma anche gli uomini cis. Questo perché gli ideali di mascolinità esistenti e le norme sociali patriarcali spesso portano anche a trascurare la salute o le malattie mentali, a meccanismi di coping distruttivi e a una maggiore disponibilità a correre rischi e a usare la violenza. È quindi nell'interesse di tutt* noi mettere in discussione i modelli di ruolo patriarcali, riflettere e superare i comportamenti maschili tossici e superare l'intero costrutto sociale del genere.

Backlash e movimento «anti-woke»

Come accennato nell'introduzione, stiamo attualmente vivendo un importante contraccolpo reazionario. Questo fenomeno politicamente organizzato ha preso forza a metà degli anni 2010. Ha assunto diversi nomi, ma oggi è conosciuto come movimento "anti-woke". Questo movimento cerca di difendere uno stato precedente delle relazioni di potere nella società contro i movimenti emancipatori che si sono spinti "troppo in là". Sebbene il movimento anti-woke sia principalmente un movimento suprematista bianco, i suoi obiettivi di purezza razziale includono la necessità di controllare i corpi delle donne e la rigidità delle categorie di genere. Si concretizza quindi, ad esempio, in iniziative contro l'interruzione volontaria di gravidanza, ma anche in attacchi al diritto delle persone trans alla transizione medica. Le sue manifestazioni più violente sono gli atti di terrorismo.

Unire le lotte

Ciò che la scrittrice lesbica nera e marxista Audre Lorde ha affermato nel 1983 è vero ancora oggi: "Non sono libera finché c'è ancora una donna che non è libera, anche se indossa catene completamente diverse dalle mie". Come sinistra, è importante comprendere questa frase nella sua interezza. E ciò inizia con la comprensione del legame del capitalismo con le strutture di oppressione come il razzismo, l'abortività, il sessismo e la queerfobia. Kimberlé Crenshaw, nel suo essay più famoso (1989)(24), paragona questo legame a un'intersezione. L'idea è quella di dimostrare che queste forme di discriminazione non si sommano semplicemente, ma che quando due o più forme si incontrano, emerge una nuova esperienza di discriminazione.[14]

Spesso le analisi delle femministe queer di sinistra si fermano a questo punto, dove in realtà dovrebbero solo iniziare. L'approccio dell'intersezionalità, infatti, non è un'analisi socialista pronta per l'uso, al contrario: l'intersezionalità riconosce semplicemente che esistono diverse strutture di oppressione e sfruttamento e che queste possono sovrapporsi e quindi portare a un'altra dimensione di oppressione. Di conseguenza, il concetto purtroppo invita anche a una conclusione neoliberista e individualista. Dal momento che i governi neoliberali, come quello tedesco, usano l'"intersezionalità" come termine di riferimento, noi, in quanto forze socialiste, dobbiamo riflettere sul modo di usarlo.(25) Dobbiamo comprendere la differenza tra sfruttamento e oppressione e, di conseguenza, renderci conto che la razza e il genere da soli non causano discriminazione, ma sono stati storicamente stabiliti come caratteristiche dell'oppressione. La classe, invece, è in senso marxista una relazione sociale che garantisce la produzione e l'accumulazione del capitale.(26) L'assenza di proprietà della classe lavoratrice non è solo il risultato dello sfruttamento capitalistico, ma la sua base, storicamente condizionata dall'accumulazione originaria del capitale. Poiché la classe operaia produce la ricchezza sociale, può anche interrompere questa produzione. Questo potere del collettivo vieneoscurato da un'analisi unidimensionale dell'intersezione, in parte perché tutti i tipi di sfruttamento, discriminazione e oppressione vengono falsamente equiparati. Ad esempio, categorie come la razza e il genere sono percepite come inamovibili e la classe è definita come un terreno di oppressione, equiparando così falsamente sfruttamento e oppressione. Tuttavia, il genere, così come la razza, deve essere inteso come uno strumento dello sfruttamento capitalistico. Di conseguenza, è necessario creare una coscienza di classe e collegare le lotte.

Per comprendere la complessità delle strutture di potere, è quindi essenziale includere strutture di discriminazione come il razzismo in un'analisi femminista. Le persone FLINTA razzializzate sono esposte a forme multidimensionali di discriminazione, spesso molto diverse tra loro. In questo modo si verifica un'alterazione del sessismo, il che significa che il sessismo differisce dal modo in cui una persona FLINTA è colpita dal razzismo.(27) Lo dimostrano le aggressive campagne razziste e sessiste dell’UDC, in particolare la questione del burqa. Le donne che indossano il velo sono ritratte come vittime di una "cultura" e dei suoi uomini.(28) L'obiettivo sarebbe semplicemente quello di "salvarle", il sessismo razzista viene così venduto come un progetto di beneficenza e utilizzato anche come legittimazione dello sfruttamento (neo)coloniale e imperialista. In questo processo accadono diverse cose: le donne che non sopportano i pregiudizi sono escluse e presentate come vittime senza soggetto. Le strutture patriarcali vengono messe in scena come il problema degli "altri". L'unico obiettivo è ottenere il completo potere e controllo sul corpo femminile. Questo è solo un esempio di un sintomo di sessismo razzista specificamente antimusulmano. Anche alcune femministe bianchecontinuano a cadere nel complesso della salvezza dei bianchi. La femminista socialista postcoloniale Chandra Talpade Mohanty lo descrive nel suo famoso saggio Under Western Eyes: Feminist Scholarship and Colonial Discourses (1984) come un "progetto" delle femministe occidentali. Esse hanno creato una categoria di "donne del Terzo Mondo" come gruppo omogeneo per il quale potevano parlare e quindi anche salvarle.(29) Questa rivendicazione femminista universale è escludente, discriminatoria e condannabile.

Riprendiamo l'affermazione di Audre Lorde: " It is not our differences that divide us. It is our inability to recognize, accept, and celebrate those differences."(30) Di conseguenza, dobbiamo riconoscere le diverse realtà della vita e dare loro spazio: in altre parole, unire le lotte. Non dobbiamo parlare per le altre persone, tutte le persone FLINTA devono avere spazio nei nostri movimenti: le differenze tra le nostre realtà di vita esistono, ma non ci dividono. Solo così possiamo lottare e superare i diversi costrutti di potere che ci legano.

Trasformare le utopie femministe in realtà!

Lottiamo per un mondo senza oppressione capitalista e patriarcale. Un mondo in cui possiamo svilupparci liberamente a prescindere dalla nostra identità di genere, sessualità, colore della pelle e origine. Un mondo solidale, antirazzista, inclusivo e intersezionale. Combattere tutte le forme di oppressione, discriminazione e violenza strutturale è indispensabile per la nostra visione femminista. La nostra società è ancora lontana da questa visione.

La nostra utopia femminista è un mondo che trascende la binarietà dei sessi, in cui ogni individu*, liber* dallo sfruttamento, ha la libertà di prosperare. Ciò richiede cambiamenti radicali nella società in diversi ambiti. In primo luogo, vogliamo una società in cui tutt* abbiano la libertà di controllare il proprio corpo. Con questo intendiamo la libertà di modificare il proprio corpo come si vuole, in modo sicuro e informato. Intendiamo anche la libertà di avere relazioni con partner consenzienti di nostra scelta, senza giudizi, e di godere di una sessualità informata basata sul consenso e sulla comunicazione, ma anche la libertà di non avere rapporti sessuali, senza subire pressioni. Ciò implica anche una protezione quando questa libertà non viene rispettata. La libertà di controllare il proprio corpo significa anche la libertà di partorire e allattare, ma anche la libertà di non farlo, compresa la libertà di interrompere una gravidanza in qualsiasi momento.

La nostra utopia richiede anche di andare oltre le categorie di genere. Come hanno chiaramente definito le attiviste femministe a partire da Simone de Beauvoir ("non si nasce donna"), queste categorie non sono naturali, ma arbitrarie: servono a giustificare una divisione del lavoro basata sul genere. Il nostro progetto socialista mira a una divisione equa del lavoro tra tutte le persone, senza la necessità di assegnarle a una categoria di genere o a un'altra.

La nostra utopia prevede la distruzione delle istituzioni del matrimonio e della famiglia e la liberazione delle relazioni interpersonali. Nonostante i progressi legislativi, il matrimonio è per sua natura la sanzione da parte dello Stato dell'onnipotenza del marito sulla moglie. Questa istituzione è fondamentalmente incompatibile con un progetto sociale emancipatore. La distruzione della famiglia deve essere accompagnata dalla collettivizzazione dell'allevamento dei/delle* figli*.

Ma anche all'interno della GISO e della sinistra femminista nel suo complesso, ci sono ancora punti ciechi e strutture patriarcali. Non siamo immuni dal sessismo interiorizzato, dai pregiudizi e dalla riproduzione di strutture di discriminazione. Anche nei movimenti di sinistra ci sono sessismo, transmisoginia, razzismo e rifiuto. Noi, come sinistra, dobbiamo affrontare attivamente questi problemi anche al nostro interno, ascoltare le persone colpite, sostenerle e amplificare le loro voci. Solo così possiamo fare un efficace lavoro di prevenzione e avviare processi di apprendimento. Anche a sinistra si verificano episodi di discriminazione o di violenza sessualizzata. Abbiamo il dovere di guardare e di creare strutture che proteggano le vittime e non i/le* carnefici.

Un'equa distribuzione dei compiti non è purtroppo scontata nemmeno nelle strutture di sinistra. Chi si assume quali compiti nei collettivi e nei comitati esecutivi? Chi scrive i verbali, chi organizza gli eventi, chi pulisce dopo gli eventi, chi si occupa delle altre persone? Chi fa il lavoro invisibile, chi è sotto gli occhi di tutt*? Quanto spazio occupano le diverse persone all'interno delle loro strutture? Se noi di sinistra affrontiamo onestamente queste domande, notiamo che il lavoro di cura e i lavori "invisibili" sono spesso svolti da persone FLINTA, mentre gli uomini cis tendono ad occupare più spazio nei dibattiti. Solo dando un nome a queste tendenze e analizzandole in modo autocritico, possiamo superare le strutture che le rafforzano e le cementano.

Formare collettivi

L'esame critico delle strutture di discriminazione negli spazi e nei movimenti femministi include anche una riflessione sulla loro accessibilità per i gruppi emarginati. Ancora oggi, gli spazi femministi sono spesso dominati da donne cis bianche e privilegiate. Nel movimento femminista è fondamentale che le preoccupazioni dei gruppi emarginati, delle persone TINA, delle persone di colore e delle persone con disabilità abbiano la priorità e che le persone interessate abbiano voce in capitolo. Le lotte delle persone trans in ambiti quali la protezione dalla discriminazione o la lotta per l'autodeterminazione corporea devono trovare spazio e essere sostenute in modo solidale - questo deve andare oltre l'adattamento di termini come "sciopero delle donne" a "sciopero femminista".

Per poter spingere al cambiamento la società nel suo complesso, devono emergere alleanze tra le strutture della sinistra femminista. Una dispersione di queste strutture significa sempre un indebolimento della nostra influenza. Le tendenze alla divisione devono essere superate, perché la nostra forza risiede nella dimensione collettiva di questo movimento. Solo una sinistra femminista unita può mobilitare le masse nelle strade e negli scioperi.

Le lotte femministe, la necessità di agire in vari settori della società e le richieste che le accompagnano sono enormi e non possono essere trattate in una presa di posizione. Le aree e le richieste che seguono appartengono alle lotte femministe che noi come GISO vogliamo attualmente rendere prioritarie nel discorso femminista.

Offensiva femminista, ora!

Ci resta solo una cosa da fare: passare all'offensiva! Nessun movimento in Svizzera è attualmente capace di mobilitarsi come il movimento femminista. Lo sciopero del 2023 è quindi cruciale per il futuro. La GISO si considera parte attiva di questo movimento e di conseguenza rappresenta le seguenti rivendicazioni.

Lotta efficace contro la violenza sessuata e la discriminazione

Praticamente tutte le persone FLINTA subiscono violenza sessualizzata nella loro vita. Ciò include molestie sessuali, violenza di genere e violenza domestica. Sono necessarie misure strutturali per combattere la violenza sessualizzata:

  • Lavoro di sensibilizzazione ed educazione femminista nelle scuole e nelle istituzioni educative, nonché misure di formazione e sensibilizzazione antisessista nelle aziende di tutti i settori, accompagnato da campagne nazionali di sensibilizzazione femminista
  • Un'espansione massiccia dei servizi di protezione, consulenza e supporto per le persone di tutte le identità di genere attraverso un'ulteriore formazione delle istituzioni esistenti e la fornitura di maggiori risorse finanziarie
  • L'ampliamento dei luoghi e delle risorse delle case di accoglienza per le persone colpite dalla violenza patriarcale
  • Aumento delle risorse e creazione di strutture di accoglienza in tutte le regioni, specificamente orientate alla protezione e ai bisogni delle persone TINA
  • Misure preventive per combattere le molestie sessuali sul posto di lavoro e una tutela coerente contro la discriminazione che protegga le persone FLINTA e in particolare le persone trans dalla discriminazione e dal licenziamento arbitrario sul posto di lavoro
  • L'ampliamento della norma penale contro il razzismo (CP art. 261) per includere il criterio dell'identità di genere e la considerazione delle strutture di potere sistemiche come prerequisito per il reato di discriminazione
  • Solo un sì è un sì: leggi chiare contro i reati sessuali e considerazione della dinamica del "freezing"
  • Rafforzare la prevenzione e il "lavoro sui colpevoli", ossia l'impegno alla riflessione e all'educazione in caso di reati e aggressioni
  • Piena attuazione della Convenzione di Istanbul in Svizzera

Riorganizzare il lavoro di cura nella società

Solo quando tutt* avranno più tempo per svolgere il lavoro di cura - e la società non spingerà più solo le donne a lavorare a tempo parziale - anche gli uomini potranno finalmente fare la loro parte di lavoro di cura non retribuito. La riduzione dell'orario di lavoro è una richiesta femminista, una delle più importanti della nostra epoca: creare il tempo per svolgere il lavoro di cura, e il necessario apprezzamento per esso, non funziona nel nostro sistema attuale. È urgente aumentare lo status e la visibilità del lavoro di cura retribuito e non retribuito e ampliare le strutture di assistenza sociale. A medio termine, ciò significa niente di meno che una ristrutturazione radicale di tutti i settori della società e dell'economia verso una società basata sulla cura:

  • Investimenti massicci nell'assistenza sanitaria, nelle strutture di assistenza e nella formazione di personale professionista per una riqualifica strutturale del lavoro di cura nel settore del lavoro formale con salari e condizioni di lavoro migliori
  • Lavoro di cura organizzato su base pubblica e sociale
  • Riduzione dell'orario di lavoro a 25 ore settimanali a parità di salario, per avere più tempo da dedicare al lavoro di cura, come le faccende domestiche e la cura de* bambin*, e per poterlo distribuire in modo più equo
  • Fondo per il lavoro di cura con mezzi finanziari sufficienti per una completa ristrutturazione femminista della società e una massiccia espansione delle strutture di cura e di assistenza sociale

Autodeterminazione fisica senza compromessi

Il diritto all'autodeterminazione corporea è una delle principali rivendicazioni e conquiste femministe. Oltre al diritto all'aborto, questo include anche il diritto all'autodeterminazione corporea e medica delle persone trans e intersessuali. Questi diritti elementari di autodeterminazione devono essere garantiti:

  • Accesso a servizi di consulenza e supporto aperti per le donne in gravidanza e garanzia di un aborto sicuro e autodeterminato
  • Contraccezione e test per le malattie sessualmente trasmissibili gratuiti
  • L'ancoraggio del diritto all'autodeterminazione corporea nella Costituzione federale, in particolare il diritto all'aborto autodeterminato e gratuito, e la cancellazione dell'aborto dal Codice penale
  • Accesso a consulenze mediche e psicologiche autodeterminate e a cure completamente finanziate dall'assicurazione sanitaria per le persone trans
  • Il divieto di interventi medici non necessari sui bambin* intersessuali
  • Accesso a consulenze e servizi professionali e neutrali nel campo della salute sessuale, lo sviluppo della formazione per il personale esistente e futuro e l'aumento dei finanziamenti per la salute sessuale
  • L'introduzione della possibilità di una terza voce ufficiale di genere nel breve termine e l'abolizione della voce ufficiale di genere nel medio termine

Offensiva femminista nel mondo del lavoro

Dobbiamo passare all'offensiva sulla situazione dei lavoratori sul posto di lavoro. Le misure necessarie non sono regolate dal mercato, come vorrebbero alcune femministe borghesi, perché il miglioramento dei diritti dei lavoratori è contrario agli interessi del capitale. Chiediamo quindi allo Stato di adottare immediatamente le seguenti misure:

  • Ampliamento della protezione e del sostegno alle donne incinte nella vita lavorativa durante e dopo la gravidanza
  • Lotta efficace alla discriminazione salariale: trasparenza dei salari in tutti i settori e controlli statali obbligatori sulla discriminazione salariale nelle aziende
  • Uno studio intersezionale sulla discriminazione salariale che esamina, ad esempio, il divario salariale delle persone di colore, delle persone queer o delle persone con disabilità
  • Introduzione a livello nazionale di un salario minimo di 5.000 franchi svizzeri, indicizzato all'inflazione
  • L'ampliamento delle misure di protezione previste dal diritto del lavoro per le persone che lavorano in rapporti di lavoro spesso precari e scarsamente regolamentati, come le pulizie e l'assistenza nelle case private
  • Una maggiore continuità nel pagamento dei salari in caso di malattia e interventi medici, soprattutto nei cantoni dove oggi le persone trans in particolare non sono sufficientemente tutelate
  • Un congedo parentale di due anni per tutt* i/le* genitori/trici* con un'indennità pari al loro reddito complessivo
  • Abolizione del 2° e 3° pilastro e introduzione di un fondo pensionistico popolare finanziato su base solidale.
  • Regolarizzare tutte le persone lavoratrici prive di documenti e garantire condizioni di lavoro e di soggiorno uguali per tutt*

Note a piè di pagina:

[1] A questo punto è necessario notare che non potremo mai rendere giustizia alle dimensioni e alla diversità di questo tema nell'ambito di una presa di posizione.

[2] Le Suffragette erano attiviste organizzate per i diritti delle donne in Gran Bretagna e negli Stati Uniti nel XX secolo.

[3] Per esempio, la Federazione delle associazioni femminili svizzere la Federazione svizzera per il suffragio femminile.

[4] Tra queste, il Verband deutschschweizerischer Frauenvereine zur Hebung der Sittlichkeit, che nel 1912 divenne la più grande associazione femminile svizzera; Elisabeth Joris: "Sittlichkeitsbewegung", in: Historisches Lexikon der Schweiz (HLS), Version vom 24.01.2013. Online: https://hls-dhs-dss.ch/de/articles/016444/2013-01-24/, consultato il18.04.2023.

[5] La legge sulle pari opportunità è entrata in vigore solo nel 1996.

[6] Le persone cisgender si identificano con il genere che è stato loro assegnato alla nascita.

[7] Nel nostro documento sul lavoro di cura, approfondiamo ulteriormente l'argomento e le nostre richieste concrete a questo proposito: https://juso.ch/de/standpunkte/feminismus/grundlagenpapier-care-arbeit/

[8] Per un'ulteriore elaborazione della società della cura, si veda: Denknetz, Perspective Care Society: Plea for a renewal of the social contract – locally and globally. Consultabile online all'indirizzo: https://www.denknetz.ch/care-gesellschaft/

[9] Con freezing ci si riferisce al blocco delle vittime mentre subiscono violenza sessuale.

[10] Il victim blaming nella violenza sessualizzata descrive il fenomeno per cui la responsabilità di un'aggressione viene attribuita alla vittima invece che all'autore.

[11] Gli eventi criminosi ufficialmente noti e registrati nelle statistiche ufficiali della polizia sono definiti "Hellfeld" (campo luminoso). Si tratta di tutti i reati di cui la polizia viene a conoscenza attraverso le proprie indagini o segnalazioni e che compaiono nelle statistiche sulla criminalità della polizia (PKS). La percentuale di crimini totali non registrati viene definita "Dunkelfeld” (campo grigio).

[12] La misoginia è la svalutazione e l'odio nei confronti delle donne e/o delle le persone percepite come donne.

[13] Incel è l'autodefinizione di una sottocultura internet di uomini eterosessuali che, secondo le loro stesse dichiarazioni, non hanno involontariamente rapporti sessuali o relazioni sentimentali e aderiscono all'ideologia della mascolinità egemonica.

[14] Crenshaw lo illustra con un caso giudiziario: durante un licenziamento di massa in una fabbrica, furono licenziate quasi esclusivamente donne nere. Il tribunale ha ritenuto che ciò non fosse né razzista né sessista, poiché gli uomini neri e le donne bianche erano stat* risparmiat* dai licenziamenti.

[15] In questa presa di posizione vengono citati molti studi che riguardano solo uomini e donne e ignorano completamente le persone TINA. Di conseguenza, spesso vengono citate solo le donne perché non è chiaro in che misura le persone TINA siano colpite da disuguaglianze statisticamente misurabili, ad esempio nella divisione del lavoro di cura. Tuttavia, siamo consapevoli che non solo le donne sono colpite da queste disuguaglianze.

Fonti:

(1) Ufficio federale di statistica (USR): Rilevazione svizzera della struttura dei salari RSS 2020, Berna 2022.

(2) https://www.ebg.admin.ch/ebg/it/home/temi/violenza-domestica/statistiche.html

(3) Saadia Zahidi, WEF: Global Gender Gap Report 2021. Insight Report, Genf 2021.

(4) Eva Cyba: Patriarchat. Wandel und Aktualität, in: Handbuch Frauen- und Geschlechterforschung. Theorie, Methode, Empirie 2., erweiterte und aktualisierte Auflage, Ruth Becker (et al.), [Hrsg], Wiesbaden 2008, S. 17

(5) Sylvia Walby: Theorizing Patriarchy, Cambridge 1991, S. 20.

(6) Ufficio federale di statistica (UFS): Divario retributivo di genere complessivo (GOEG) https://www.bfs.admin.ch/bfs/it/home/statistiche/situazione-economica-sociale- popolazione/uguaglianza-donna-uomo/reddito/goeg.html

(7) Olympe de Gouges - Die Rechte der Frau, 1791.

(8) Elisabeth Joris: "Frauenbewegung", in: Historisches Lexikon der Schweiz (HLS), Version vom 06.12.2022. Online: https://hls-dhs- dss.ch/de/articles/016497/2022-12-06/, consultato il 18.04.2023.

(9) Elisabeth Joris: Stimmrecht, Kochtopf, gleiche Löhne, in: Widerspruch 37 (2018), S. 1.

(10) https://www.landesmuseum.ch/landesmuseum/ihr-besuch/schulen/2018/der- landesstreik-1918.pdf

(11) Brigitte Studer: "Frauenstreik (1991)", in: Historisches Lexikon der Schweiz (HLS), Version vom 12.06.2019. Online: https://hls-dhs- dss.ch/de/articles/058286/2019-06-12/, consultato il 24.04.2023.

(12) Walby, Sylvia (1990): Theorizing Patriarchy. New Jersey: Wiley-Blackwell.

(13) Madörin, Mascha: Neoliberalismus und die Reorganisation der Care-Arbeit. Eine Forschungsskizze, in: Denknetz Jahrbuch 2007.

(14) Sarah Schilliger, Who Cares?: Care-Arbeit im neoliberalen Geschlechterregime, in: Widerspruch Vol. 56, S. 100.

(15) Bea Schwager, Prekäres Arbeiten als Sans-Papiers im Privathaushalt, 2013, S. 166.

(16) Sarah Schilliger, Who Cares?: Care-Arbeit im neoliberalen Geschlechterregime, in: Widerspruch Vol. 56, S. 93.

(17) https://www.ebg.admin.ch/ebg/it/home/temi/lavoro/parita- salariale/basi/cifre-e-fatti.html

(18) Eidgenössisches Departement des Innern: Gender Pension Gap in der Schweiz, Bern 2015.

(19) https://www.amnesty.ch/fr/themes/droits-des-femmes/violence-sexuelle/docs/2019/violences-sexuelles-en-suisse/sexuelle_gewalt_amnesty_international_gfs-bericht.pdf

(20) https://www.coe.int/t/dg2/equality/domesticviolencecampaign/Source/Final_Act- ivity_Report.pdf

(21) https://www.stopfemizid.ch/deutsch#de1

(22) Michael Vallerga, Eileen L. Zurbriggen, Hegemonic masculinities in the ‘Manosphere’: A thematic analysis of beliefs about men and women on The Red Pill and Incel

(23) Urwin, J. (2017). Boys don't cry. Identität, Gefühl und Männlichkeit. Hamburg: Edition Nautilus GmbH.

(24) Kimberlé W. Crenshaw: Demarginalizing the Intersection of Race and Sex: A Black Feminist Critique of Antidiscrimination Doctrine, Feminist Theory and Antiracist Politics, in: Chicago Legal Forum (no 1 / 1989), Chicago 1989, S. 139-167.

(25) Eleonora Roldán Mendívil/ Bafta Sabo: Intersektionalität, Identität und Marxismus, in: Die Diversität der Ausbeutung. Zur Kritik des herrschenden Antirassismus, Berlin2 (2022), S. 102.

(26) Ebd. 108-120.

(27) Ina Kerner: XX, S. 44.

(28) Andreas Tunger-Zanetti: Verhüllung. Die Burka-Debatte in der Schweiz, Zürich 2021.

(29) Chandra Talpade Mohanty: Under Western Eyes. Feminist Scholarship and Colonial Discourses, in: Chandra Talpade Mohanty (et al.) [Hrsg.]: Third World Women and the Politics of Feminism, Bloomington, S. 51-80.

(30) Audre Lorde: Sister Outsider


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Prospettive femministe per il 99%